C’è un Italia che non si ferma mai, davanti a niente. In questi giorni segnati dalla bufera dei dazi ne abbiamo un paio di notevoli esempi. Uno è quello che arriva dai dati dei distretti industriali; l’altro dai numeri delle macchine utensili. I primi, i distretti, sono insiemi di imprese,solitamente medie e piccole, integrate in filiere, specializzate su un tipo di prodotto e collocate nello stesso territorio (per esempio: il distretto emiliano delle piastrelle di Sassuolo); le macchine utensili, invece, sono il settore che produce macchine da vendere a chi a sua volta produce.
I nostri distretti – ci dice il 17° Rapporto economia e finanza dei distretti industriali, redatto dal Research department di Intesa Sanpaolo – sono una straordinaria macchina da export: nel 2024 hanno chiuso una bilancia commerciale per la prima volte positiva per oltre 100 miliardi, con una crescita delle esportazioni dello 0,9% a quota 163,4 miliardi. Tra le filiere spiccano i numeri da anni in espansione di quella agro-alimentare (+7,1% l’export 2024). Ma in bella evidenza ci sono anche meccanica, metalli, beni di consumo della moda, prodotti e materiali da costruzione.
Sul fronte delle macchine utensili, i numeri diffusi il 16 aprile da Ucimu (l’associazione del settore) hanno fornito un quadro positivo e in controtendenza rispetto alla stagnazione della produzione industriale: nel primo trimestre del 2025 l’indice degli ordini elaborato dal Centro Studi & Cultura di Impresa di Ucimu segna un incremento dell’8,5% rispetto al periodo gennaio-marzo 2024. E in valore assoluto l’indice si è attestato a 84,5 (base 100 nel 2021). Ma gli ordini raccolti sul mercato domestico hanno segnato un incremento del 71,5%, rispetto al primo trimestre del 2024, per un valore assoluto di 94,5, quasi tornato ai livelli record del 2021. Il dato è molto positivo perché gli ordini delle macchine utensili segnalano – tipicamente – una ripresa degli investimenti: si ordina una macchina, che arriva dopo 4-6 mesi, perché si intende crescere, innovare, produrre.
Quando, in presenza di enormi instabilità internazionali, dall’economia reale arrivano segnali di vivacità come questi dei distretti o dell’automazione, sta alla politica cogliergli al volo e mettersi all’ascolto: con i dazi alle porte il Paese non può rischiare di indebolire le proprie eccellenze e di frustrare le riprese in atto. Se per i distretti gli Usa rappresentano l’11% dell’export, la difesa di quel mercato diventa strategica per gli interessi del Paese. Allo stesso modo, per chi produce macchine utensili, è essenziale che i crediti d’imposta legati a Industria 4.0 e a Transizione 5.0 (questi ultimi sono alla base della ripresa degli ordini del primo trimestre) vengano sfruttati fino all’ultimo centesimo. Per il 4.0 il tema è la chiarezza sulle modalità di prenotazione di quei 2,2 miliardi stanziati e non ancora utilizzati. Mentre per il 5.0 (che fa parte del Pnrr) si potrebbe pensare a collegare gli incentivi in chiave anti-dazi.
Magari puntando in questo modo a scollinare la scadenza prevista per il 31 dicembre del 2025.
In altri termini, di fronte alla bufera, serve un gioco di squadra per permettere alle nostre eccellenze di restare tali. Per non rallentare la crescita del Pil.
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