Francoforte, 17 aprile 2025 – Si abbassa ancora il costo del denaro nell’area Euro. La Bce ha infatti tagliato i tassi di 25 punti per la settima volta da giugno scorso.
Il tasso sui depositi, quello di riferimento, scende da 2,50% a 2,25%. Il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali cala da 2,65% a 2,40%, quello sui prestiti marginali da 2,90% a 2,65%. Nel clima di incertezza legato alla guerra dei dazi, la decisione sull’entità della sforbiciata è stata unanime. Lo ha sottolineato la presidente Christine Lagarde. Nessuno invece si è espresso in favore di un taglio da 50 punti base.
L’analisi macroeconomica della Banca centrale europea al termine del consiglio direttivo risente in maniera inequivocabile degli scenari attuali: “L’economia dell’area dell’euro ha acquisito una certa capacità di tenuta agli shock mondiali ma le prospettive di espansione si sono deteriorate a causa delle crescenti tensioni commerciali – si legge nella nota di Francoforte –. È probabile che la maggiore incertezza riduca la fiducia di famiglie e imprese e che la risposta avversa e volatile dei mercati alle tensioni commerciali determini un inasprimento delle condizioni di finanziamento. Tali fattori possono gravare ulteriormente sulle prospettive economiche per l’area dell’euro”. Più esplicita Christine Lagarde, che evidenzia come le prospettive economiche siano “offuscate da incertezze eccezionali“. Questo “sconvolgimento del commercio internazionale (…) abbasserà la crescita indebolendo l’export”. Investimenti e consumi potrebbero risentirne, portando a “una stretta sulle condizioni finanziarie“. Un aumento della spesa nella difesa invece “rafforzerebbe la crescita”.
Che ripercussioni avrà il nuovo taglio del costo del denaro sui mutui? Secondo Fabi (Federazione Autonoma Bancari Italiani) “il tasso fisso medio potrebbe arrivare, a breve, attorno al 2,55%, cifra più contenuta rispetto al 4% praticato fino a circa un anno fa”.
L’effetto sulle rate mensili “è progressivamente maggiore all’aumentare della durata del mutuo”. Se su un prestito decennale il risparmio varia tra 37 e 182 euro su un mutuo di 30 anni l’impatto è decisamente più forte, arrivando a oltre 200 euro mensili”.
Ad esempio: su un mutuo da 100mila euro a 20 anni, la rata si ridurrà di 76 euro al mese, mentre per lo stesso importo a 30 anni il risparmio sarà di 81 euro. Per un finanziamento di 250mila euro a 30 anni, la riduzione mensile arriva a 203 euro, pari a oltre 2.400 euro annui. L’effetto sarà più marcato sui mutui di lunga durata, dove il peso degli interessi è maggiore.
La sforbiciata ai tassi non sarà positiva per il solo mercato immobiliare. Vantaggi sono attesi anche per il credito al consumo. “Comprare a rate e fare shopping – sottolinea la Fabi – sarà più conveniente rispetto agli scorsi anni”. La media dei tassi d’interesse per il credito al consumo potrebbe attestarsi, entro breve, attorno al 7,65%. Vuol dire che “per una lavatrice da 700 euro, acquistata con un finanziamento di 5 anni, la rata mensile sarà di 14 euro; uno smartphone da 850 euro, invece, verrà finanziato in 2 anni con una rata di 40 euro al mese; per un televisore da 1.200 euro, finanziato in 3 anni, la rata mensile sarà di 39 euro; un viaggio da 5.000 euro, finanziato in 3 anni, comporterà una rata mensile di 161 euro; mentre per un automobile da 20.000 euro, acquistata con un finanziamento di 6 anni, la rata è di 357 euro al mese”.
Intanto Donald Trump se la prende con il presidente della Federal Reserve (la banca centrale americana), Jerome Powell, per non avere tagliato i tassi di interesse, definendolo “sempre troppo in ritardo e in errore”. “La fine del suo mandato non arriva abbastanza presto – scrive il presidente americano su Truth Social – ieri ha diffuso un rapporto che era un altro tipico, completo disastro”.
Nel suo discorso all’Economic Club di Chicago, Powell ha affermato che “è molto probabile che i dazi generino almeno un aumento temporaneo dell’inflazione. Gli effetti inflazionistici potrebbero anche essere più persistenti. Evitare tale risultato dipenderà dall’entità degli effetti, dal tempo necessario affinché si trasmettano completamente ai prezzi e, in ultima analisi, dal mantenimento di aspettative di inflazione a lungo termine ben ancorate”.
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