In Italia, dove arte, cultura e paesaggi si intrecciano con la storia millenaria delle città, si nasconde un motore economico spesso sottovalutato ma fondamentale per l’industria dell’ospitalità: la meeting industry, meglio nota con l’acronimo Mice (Meetings, Incentives, Conferences and Exhibitions), ovvero l’economia legata ai viaggi per congressi e eventi professionali.
Secondo uno studio, promosso dall’Agenzia Nazionale per il Turismo in collaborazione con Federcongressi&Eventi e realizzato dall’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, questo settore nel 2023 ha generato un impatto economico diretto pari a 11,746 miliardi di euro.
Un dato che non solo racconta la vitalità del comparto, ma ne certifica il ruolo strategico nel sistema turistico-produttivo italiano.
Un’industria silenziosa ma potente
La forza del comparto Mice non si misura solo nei numeri – pur impressionanti – ma nel valore aggiunto che porta al territorio. I 27 milioni di partecipanti agli eventi in Italia non rappresentano semplici turisti: sono professionisti, delegati, accademici, buyer, manager e imprenditori che viaggiano per lavoro, con una spesa media giornaliera di 281 euro a persona.
Si tratta di un turismo ad alto valore, capace di stimolare l’economia locale ben oltre il settore alberghiero.
Le spese dirette dei partecipanti sono state stimate in 8,93 miliardi di euro:
- 3,75 miliardi per l’alloggio;
- 2,67 miliardi per i trasporti interni;
- 1,417 miliardi per la ristorazione fuori dalle sedi degli eventi;
- 1,094 miliardi per acquisti e spese varie.
A questi si sommano i 2,813 miliardi spesi per l’organizzazione degli eventi stessi: logistica, affitti di sale, tecnologie, personale, servizi, e soprattutto catering e ristorazione interna. È chiaro, dunque, che ogni euro speso per un convegno, una fiera o un meeting moltiplica il suo effetto sul territorio coinvolgendo tutta la filiera di attività legate al turismo.
Dove si spende di più in Italia
Da un punto di vista geografico, analizzando i dati da un punto di vista territoriale, emerge anche in questo settore un’Italia ancora spaccata in due.
Il Nord-Ovest si afferma come la prima area del Paese per spesa, con il 39,7% del totale nazionale, grazie al traino di città come Milano, che con le sue 374 sedi rappresenta il 40,7% dell’offerta lombarda. Qui, la spesa media giornaliera per partecipante tocca i 256 euro.
Seguono il Centro (27,7%), con Roma a fare la parte del leone grazie alle sue 512 sedi (l’85,6% del totale laziale), e il Nord-Est(23,6%).
Il Sud e le Isole, invece, si dividono appena il 9% della spesa complessiva, nonostante incrementi in termini di eventi ospitati (+10% per il Sud, +11,5% per le Isole), segno che il potenziale è ancora inespresso ma in crescita.
Una distribuzione così squilibrata riflette anche la mappa delle strutture:
- il 53,2% delle sedi si trova nel Nord, che ospita il 59% degli eventi;
- il 24,8% si trova al Centro, con il 24,7% degli eventi;
- il 13,8% si trova al Sud, con il 10,2% degli eventi;
- l’8,2% si trova nelle Isole, con il 6,1% degli eventi.
A guidare la classifica per tipologia di location sono gli hotel con sale meeting, ben 3.774 su 5.644 sedi totali, pari al 66,9%. I dati attestano come l’integrazione tra accoglienza e funzionalità congressuale sia un fattore decisivo nella competitività di una destinazione.
Perché è un settore strategico
Se i numeri non fossero già sufficienti a dimostrarne il peso economico, basta considerare gli effetti più ampi del settore congressuale per comprenderne appieno il valore strategico.
Il turismo legato a meeting ed eventi ha infatti un impatto significativo anche sulla reputazione internazionale dell’Italia, sulla destagionalizzazione dei flussi turistici e sulla crescita di competenze professionali altamente qualificate. Non a caso, i congressi si svolgono spesso in periodi dell’anno meno affollati, contribuendo a una distribuzione più equilibrata delle presenze e sostenendo l’economia locale anche fuori stagione.
Inoltre, si tratta di un comparto che stimola innovazione e investimenti tecnologici: dalle piattaforme digitali per l’organizzazione degli eventi, alle tecnologie immersive per le presentazioni, fino alla crescente attenzione per la sostenibilità ambientale. Non è un caso che l’Italia sia oggi il primo mercato europeo per eventi congressuali e il secondo al mondo dopo gli Stati Uniti, secondo i dati previsionali del 2024.
Le sfide da affrontare
Nonostante i numeri positivi, il sistema Mice italiano affronta alcune sfide strutturali: la carenza di infrastrutture adeguate nel Sud, la necessità di una maggiore promozione internazionale e la concorrenza sempre più agguerrita di altre destinazioni europee, come Barcellona, Berlino o Lisbona.
Investire in trasporti rapidi, collegamenti aeroportuali, digitalizzazione e formazione del personale è oggi essenziale per mantenere e rafforzare la leadership acquisita.
È anche fondamentale attrarre eventi scientifici, accademici e industriali di portata internazionale, che garantiscano non solo ricadute economiche dirette, ma anche visibilità per le eccellenze italiane nei settori della ricerca, dell’innovazione e della creatività.
In questo senso, le università, le camere di commercio e le associazioni professionali possono svolgere un ruolo cruciale nel candidare le città italiane a ospitare appuntamenti di rilievo globale.
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