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no al riarmo europeo con i risparmi delle persone


Il piano dell’Unione Europea, denominato ReArm Europe, oltre a prevedere massicci investimenti pubblici nell’industria bellica, ha anche l’obiettivo dichiarato di indirizzare i risparmi delle cittadine e dei cittadini verso tale settore e rappresenta, per noi di Banca Etica, un pericoloso via libera alla finanziarizzazione della guerra, con conseguenze potenzialmente devastanti per la sicurezza globale e gli equilibri geopolitici oltre che sul piano della giustizia sociale.

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L’UE sembra intenzionata a trasformare i risparmi privati – circa 10mila miliardi di euro depositati nei conti correnti europei – in una fonte di finanziamento privilegiata per le imprese del comparto militare. La Commissione Europea, attraverso ReArm Europe, ha messo già sul tavolo cifre imponenti: 800 miliardi di euro, di cui una parte – 150 miliardi – dovrebbe provenire da prestiti agli Stati (generando nuovo debito pubblico), mentre la restante parte graverebbe sui bilanci nazionali, venendo però esclusa dal calcolo del deficit/PIL, una misura mai adottata nel caso di altri settori come sanità e istruzione, soggetti invece da anni a significativi tagli per rispettare i parametri stringenti del Patto di stabilità.

Ciò che realmente desta allarme

Ma la vera insidia si cela dietro l’imminente approvazione della direttiva sull’Unione dei Risparmi e degli Investimenti: l’idea di orientare una fetta consistente dei risparmi dei cittadini e delle cittadine verso le aziende europee, con un occhio di riguardo per quelle del comparto bellico, rischia di esporre inconsapevolmente numerose persone al sostegno di un’industria che alimenta conflitti e instabilità.
Lo ha sottolineato con forza la nostra Presidente Anna Fasano, dichiarando che “L’approvazione della Saving and Investment Union esporrebbe sempre più i risparmiatori e i lavoratori europei, attraverso fondi di investimento, fondi pensione, assicurazioni, e grazie a complessi meccanismi di cartolarizzazione, a supportare l’industria delle armi, il tutto in assenza di trasparenza. Attraverso strumenti finanziari complessi come le cartolarizzazioni, i cittadini si potrebbero trovare a investire in armi senza esserne consapevoli“. L’esempio francese, con la banca pubblica degli investimenti pronta a emettere titoli di risparmio per finanziare produttori di armi, è un segnale inquietante di questa tendenza.

Boom di profitti dalle armi: la finanziarizzazione che alimenta i conflitti

La storia ci insegna che le guerre sono spesso terreno fertile per la speculazione finanziaria. Tuttavia, affidare la sicurezza e la pace alle logiche del profitto rischia di innescare un circolo vizioso: più conflitti significano maggiori guadagni per l’industria bellica, creando un incentivo perverso al perpetuarsi e all’escalation delle guerre. Come ricordava Papa Francesco, l’interesse economico può diventare uno stimolo a proseguire ed estendere i conflitti per vendere o testare nuove armi.

Il boom dei profitti nel settore degli armamenti dal 2022, con rendimenti azionari vertiginosi, ne è una tragica conferma: un report di Mediobanca indica un rendimento azionario delle aziende della difesa a livello internazionale del +72,2% tra l’inizio del 2022 e ottobre 2024, superando ampiamente l’indice azionario globale (+20,1%). Le imprese europee hanno registrato una performance ancora più marcata (+128,1% contro il +59,1% dei gruppi statunitensi). Questa tendenza è proseguita nei primi mesi del 2025, con l’indice Stoxx Aerospazio & Difesa in crescita del +35% fino a marzo, rispetto al +9% dell’indice globale Stoxx 600.

Questa deriva rischia inoltre di compromettere seriamente anche il futuro della finanza sostenibile (ESG). L’ipotesi di includere le aziende produttrici di armi tra gli investimenti “sostenibili”, come paventato da recenti segnali a livello europeo e dalla discutibile scelta di Allianz di inserire persino i produttori di armi atomiche nei suoi titoli ESG, è inaccettabile per Banca Etica e per l’intero movimento della finanza etica.

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La Global Alliance for Banking on Values (GABV), che riunisce oltre 80 banche etiche a livello globale, ha chiaramente ribadito, anche attraverso la Dichiarazione di Milano, che “il finanziamento delle armi non può rientrare, ed è incompatibile, con qualsiasi definizione di finanza sostenibile“.

La finanza etica come unica alternativa al riarmo globale

Mentre a livello globale la spesa militare tocca il record di 2718 miliardi, +9,4% rispetto al 2023, il più marcato aumento annuo dai tempi della Guerra Fredda, come ha sottolineato il SIPRI (Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma), Banca Etica continuerà a battersi con fermezza contro questa pericolosa tendenza, nella convinzione che la pace e la sicurezza non possano e non debbano essere subordinate a logiche speculative e interessi economici legati alla guerra. I risparmi dei cittadini e delle cittadine hanno il potere di costruire un futuro diverso, basato sulla cooperazione, sulla sostenibilità, sull’equità, la trasparenza e sul rispetto dei diritti umani, come la pratica della finanza etica dimostra ormai da decenni.

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