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«Roma prepara il vertice? L’Europa avanza compatta»


di
Stefano Montefiori

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Il francese Haddad e il tedesco Wadephul: ciò che conta è il risultato

Gli incontri del 17 aprile — Trump-Meloni a Washington e la prima riunione all’Eliseo tra negoziatori americani, europei e ucraini — hanno in fondo lo stesso obiettivo: riagganciare gli Stati Uniti all’Europa, scoraggiare la tentazione isolazionista dell’America, riaffermare un asse transatlantico senza il quale si può fare poca strada. È questo il messaggio che arriva da Parigi, nello sforzo di mostrare unità di intenti e nascondere un fastidio che certo potrebbe venire in mente ai più sospettosi, se consideriamo che la riunione all’Eliseo con il segretario di Stato americano Rubio e il negoziatore Witkoff è stata organizzata, in grande urgenza, esattamente lo stesso giorno della missione di Meloni a Washington, preparata da settimane.

Verso il vertice Europa-Usa

Comunque, Giorgia Meloni ha centrato l’obiettivo di promuovere un futuro vertice Europa-Usa. E di fronte alla possibilità che la premier italiana possa ottenere vantaggi concreti per tutti, le reazioni degli europei sono positive: l’efficacia prevale sulle gelosie. Anche perché lo stesso 17 aprile Bernard Arnault, l’imprenditore più potente di Francia e tra i più importanti del mondo, ha detto parole piuttosto nette sulla questione: «Speriamo che gli Stati europei riescano a portare a buon fine i negoziati con l’America sui dazi, e che non li lascino ai burocrati di Bruxelles».
Poche ore dopo, l’Eliseo ha commentato il viaggio di Meloni: «Nessuno si adombra per la visita della signora Meloni né di chiunque altro a Washington. Ed è certamente legittimo che ognuno dei nostri partner europei intrattenga una relazione forte con gli Stati Uniti. Anche noi (sull’Ucraina, ndr) vogliamo lavorare strettamente con gli Usa e mostrare un impegno comune europeo».




















































Conta il risultato non il leader che lo porterà a casa

Il ministro per gli Affari europei, Benjamin Haddad, vede nell’incontro di Washington una prova di unità: «L’Europa avanza insieme. La premier Meloni è appena andata a parlare con Trump, e fondamentalmente ha fatto passare gli stessi messaggi che facciamo passare tutti noi. Vogliamo una partnership affidabile con gli Stati Uniti, con l’obiettivo di difendere i nostri interessi. E quello che ho sentito nelle parole di Meloni è appunto la volontà di arrivare a una riduzione della tensione con gli Usa».
La possibilità che il centro delle trattative di sposti da Bruxelles (o Parigi) a Roma non suscita certo entusiasmi, e ancora due giorni fa l’ex commissario europeo Thierry Breton lamentava che Trump sta umiliando Ursula von der Leyen, tuttora priva di udienza alla Casa Bianca.
Ma quel che interessa di più è il risultato, non il leader che lo porterà a casa. Così anche in Germania c’è grande interesse per l’azione di Meloni. «Il viaggio a Washington è un segnale importante — dice il cristiano democratico Johann Wadephul, stesso partito del futuro cancelliere Merz —. Meloni può mettere la sua buona relazione con Trump al servizio dell’Europa».

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