Crisi Beko: firmato al Mimit l’accordo tra le parti. Piano di investimenti da oltre 300 milioni di euro per salvare stabilimenti e occupazione
Solo pochi mesi fa, la notizia della chiusura di tre stabilimenti Beko in Italia aveva gettato nello sconforto intere comunità. Siena, Comunanza e Cassinetta sembravano destinate a vivere l’ennesimo abbandono industriale, con tutte le conseguenze del caso: perdita di posti di lavoro, desertificazione economica, spopolamento (leggi l’articolo: Beko chiude in Italia: perchè e con quali conseguenze?).
Oggi, invece, la situazione di Beko si ribalta grazie a un accordo che in molti definiscono storico. Dopo una trattativa fiume durata oltre dodici ore al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, Beko, i sindacati e il governo hanno firmato un’intesa che salva gli stabilimenti e tutela i lavoratori. Nessuna chiusura, nessun licenziamento collettivo: questa è la notizia che cambia radicalmente il destino di centinaia di famiglie.
Dalla paura alla rinascita: cosa cambia davvero per i lavoratori
Quando a novembre 2024 era stato annunciato il piano industriale di Beko Europe, la situazione sembrava senza via d’uscita. Si parlava di quasi duemila esuberi, di chiusure imminenti e di territori già fragili condannati a un nuovo colpo durissimo. Comunanza, ad esempio, rischiava di perdere uno degli ultimi poli industriali rimasti dopo il terremoto del 2016. Siena si preparava a vedere abbassare per sempre le serrande del suo stabilimento. Cassinetta, un pezzo importante della manifattura lombarda, si trovava davanti allo spettro di centinaia di licenziamenti. I lavoratori e i sindacati si erano subito mobilitati, sapendo che in gioco non c’era solo un posto di lavoro, ma la tenuta di interi territori.
Dopo mesi di trattative intense, scioperi, incontri e tavoli tecnici, si è arrivati a questo accordo che cambia tutto. Gli esuberi, oggi, sono meno della metà rispetto al piano iniziale e saranno gestiti su base volontaria. Questo significa che nessuno sarà costretto a lasciare l’azienda contro la propria volontà. Per chi deciderà di uscire, sono previste uscite incentivate con sostegni economici, mentre chi resta potrà contare su strumenti di protezione come la cassa integrazione straordinaria e altri ammortizzatori sociali.
Cosa prevede il Piano
Se c’è un dato che racconta bene il cambio di passo di Beko in Italia, è quello degli investimenti: più di 300 milioni di euro messi sul piatto per il rilancio degli stabilimenti. Non è solo una cifra importante, è un segnale concreto di fiducia verso il nostro Paese e verso la capacità delle fabbriche italiane di competere anche sui mercati più difficili.Una cifra che servirà a innovare gli impianti, rendere più competitiva la produzione e garantire la continuità produttiva in Italia.
Sul fronte occupazionale, il nuovo piano cambia completamente lo scenario. Se a novembre si temevano 1.935 esuberi, oggi parliamo di circa 950 uscite gestite in modo volontario e incentivato. Nessun licenziamento collettivo, nessun atto unilaterale da parte dell’azienda. Questo significa che chi sceglierà di lasciare l’azienda potrà farlo con un sostegno economico, senza traumi collettivi. Il resto della forza lavoro resterà in campo, con il supporto di ammortizzatori sociali laddove necessario. Un risultato non scontato, arrivato grazie alla pressione dei lavoratori, al lavoro instancabile dei sindacati e alla mediazione portata avanti dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy.
In un clima di soddisfazione, il Ministro Adolfo Urso ha dichiarato: “Un accordo storico, per governare al meglio questa transizione industriale salvaguardando la forza straordinaria del Made in Italy che diventa per questa grande multinazionale il centro propulsivo in Europa” (fonte Mimit). In fondo, non si tratta solo di salvare dei posti di lavoro, ma di proteggere intere comunità che rischiavano di spegnersi. Dopo mesi di paura e incertezza, si volta pagina: gli stabilimenti resteranno vivi e produttivi, e questo, per molte famiglie italiane, è davvero il regalo più grande.
Innovazione e nuove sfide
Ma la novità forse più importante è che gli stabilimenti non solo rimarranno aperti, ma saranno anche rilanciati. A Comunanza, ad esempio, non si conserverà soltanto l’attuale produzione di lavatrici, ma si lavorerà a una nuova linea di alta gamma, che sarà definita nei prossimi mesi. Un segnale forte: qui si vuole non solo sopravvivere, ma investire sul futuro.
Infatti, il cosiddetto “Piano Italia” non si limita a tenere aperti gli impianti: punta a modernizzarli. A Cassinetta, ad esempio, verranno concentrate le produzioni di frigoriferi e forni da incasso di fascia alta, mentre Melano diventerà l’hub europeo per i piani cottura a gas, radianti e a induzione. Parliamo di prodotti sempre più richiesti, sia per il design che per l’efficienza energetica. In un mercato globale dove l’attenzione ai consumi e alla sostenibilità è diventata centrale, questa scelta può davvero fare la differenza.
Siena rappresenta un caso a parte ed è è forse il caso più delicato, ma anche qui la prospettiva è positiva. non si continuerà con la produzione Beko, ma grazie all’acquisto del sito da parte di Invitalia e alla collaborazione con il Comune, si lavorerà per attrarre un nuovo investitore che possa riattivare il sito, magari puntando su produzioni innovative e sostenibili. Il rischio di vedere un capannone vuoto e abbandonato si allontana. L’idea è trasformare un problema in un’opportunità di rilancio. L’obiettivo è chiaro: evitare che un impianto moderno vada sprecato e dare continuità occupazionale a tutti i dipendenti.
Anche Carinaro, in provincia di Caserta, avrà un ruolo strategico. Non sarà più soltanto un centro logistico: gestirà i ricambi e avvierà il ricondizionamento degli elettrodomestici usati per tutto il gruppo. Una scelta intelligente, che va nella direzione dell’economia circolare, creando nuove competenze e nuovi posti di lavoro legati alla sostenibilità
Il futuro: sostenibilità e innovazione come sfide per il rilancio
Per Beko, con l’accordo raggiunto, la vera sfida ora sarà mantenere la rotta verso l’innovazione e la sostenibilità. Il piano da 300 milioni di euro si concentra sull’ammodernamento degli impianti e sull’innovazione dei prodotti, ma l’ambizione è molto più grande. La transizione ecologica sarà un punto centrale, con l’obiettivo di rendere l’intero processo produttivo più efficiente, meno impattante per l’ambiente e più competitivo a livello globale. Beko punta a fare dell’Italia un centro di eccellenza per la produzione di elettrodomestici sostenibili, investendo in nuove tecnologie che abbracciano l’efficienza energetica, la digitalizzazione e l’automazione.
In questo contesto, la collaborazione tra le istituzioni e le imprese sarà cruciale. L’innovazione non può essere un obiettivo solo per le grandi aziende, ma deve diventare un motore di sviluppo per l’intero sistema industriale italiano. Il governo dovrà continuare a supportare queste trasformazioni con politiche favorevoli, come incentivi fiscali per l’adozione di tecnologie green e il rafforzamento delle filiere produttive locali. Un altro elemento fondamentale sarà la formazione professionale: la riconversione dei lavoratori, unita a una nuova cultura dell’innovazione, farà sì che il futuro dell’industria italiana non solo sopravviva, ma fiorisca, nonostante le sfide globali.
Una vittoria di squadra
Se oggi possiamo raccontare una storia diversa da quella temuta solo pochi mesi fa, il merito sarà di un vero lavoro di squadra. Senza la pressione dei sindacati, la mobilitazione dei territori e la determinazione del governo, probabilmente avremmo parlato di chiusure, licenziamenti e desertificazione industriale. Grazie all’impegno e alla volontà di tutte le parti coinvolte, gli stabilimenti resteranno aperti, i lavoratori saranno tutelati e l’Italia si giocherà una nuova partita sul fronte dell’industria.
Anche i lavoratori hanno avuto un ruolo chiave. Non si sono mai tirati indietro: hanno partecipato, discusso, votato. L’88% di sì al referendum sindacale non è solo un numero, è il segno che quando c’è fiducia si possono affrontare anche sfide difficili. E questa fiducia dovrà essere onorata giorno per giorno.
Ora si apre una fase nuova e il difficile viene adesso: mettere a terra gli investimenti, far partire i nuovi progetti, garantire davvero la crescita degli stabilimenti e la sicurezza dei posti di lavoro. Ma oggi, almeno, possiamo dire che il Sistema Italia ha saputo fare squadra e che, insieme, si possono ancora scrivere storie di rilancio, non solo di chiusure.
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