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Nuova funivia e bacino di innevamento: a Trento il futuro del Bondone divide i candidati sindaco


di
Daniele Cassaghi

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Le diverse visioni sul futuro del monte che domina la città sono al centro della campagna elettorale, tra cambiamenti climatici e voglia di progetti alternativi

Sono circa duemila i metri di dislivello che separano piazza Duomo e il punto più alto del Bondone. Basta questo dato per rendere evidente come a Trento il rapporto tra le zone centrali della città e la periferia sia più complesso che altrove. Certo, il Bondone non è l’unica altura che circonda la città, ma è quella che più di tutte richiede una visione per il futuro da parte dei candidati sindaci. Si parla di sviluppo della montagna da decenni. Nel 2018 Palazzo Thun ha dato il via libera al piano «Monte Bondone 2035» per il rilancio della zona dal punto di vista urbanistico e turistico. In primo luogo perché la località manca di un vero e proprio «centro» attorno a cui sviluppare una vita di comunità. In secondo luogo, perché i cambiamenti climatici stanno mettendo sotto pressione il turismo come conosciuto adesso.

Il futuro dello sci

Sotto la lente di ingrandimento ci sono le piste da sci. Gli ottocento metri di dislivello della Gran Pista hanno da sempre scaldato i cuori degli amanti degli sport invernali, che godono di una vista mozzafiato durante la discesa. Ma l’aumento delle temperature porta ad accumuli sempre minori di neve a quote relativamente basse. Il Bondone non fa eccezione. Ed è su questo tema che si innesta il dibattito sul bacino artificiale. Con l’incognita della localizzazione alle Viote. Si tratta di un’infrastruttura capace di contenere 150mila metri cubi d’acqua, in una superficie pari a quattro campi da calcio. L’acqua dovrà servire prima di tutto ai cannoni sparaneve, benché l’ex assessore Roberto Stanchina, nel momento in cui ha ottenuto dal consiglio provinciale lo studio di fattibilità per il bacino, abbia parlato anche di usi legati a incendi e siccità. A volere il lago artificiale più di tutti sono i gestori delle funivie, che temono la fine dello sci sul Bondone. A non volerlo sono gli ambientalisti, che lo vedono come uno spreco di denaro e giudicano la chiusura degli impianti inevitabile. L’alternativa — secondo i detrattori — passerebbe attraverso un nuovo modello turistico, destagionalizzato. A questi si possono aggiungere anche le caserme austroungariche da riqualificare.




















































La nuova funivia

Tuttavia, molti sostengono che nessuna ipotesi di rilancio possa realizzarsi senza una nuova funivia che colleghi il Bondone al fondovalle. Quella attuale, che serve Sardagna, è all’unanimità considerata obsoleta. E sono anni che si parla di un impianto che dall’ex-Sit arrivi fino a Vason. Nei piani iniziali, la realizzazione avrebbe dovuto essere divisa in due tronconi: la prima tratta in capo al pubblico, la seconda in capo al privato attraverso un partenariato. Nessun imprenditore ha voluto però investirci. Per questo il leghista Mirko Bisesti ha ottenuto dal consiglio lo stanziamento dei fondi pubblici necessari per l’intera opera. Allo stato attuale, il costo dell’impianto oscilla tra gli 80 e i 100 milioni, contando le opere accessorie come i parcheggi. È previsto che venga ultimata per il 2029, mentre i lavori per il tratto fino a Sardagna dovrebbero partire quest’anno. Ma anche su quest’opera si discute. La Provincia ha stimato che le perdite arriverebbero a 3-4 milioni l’anno se dovesse essere utilizzata da meno di 900mila passeggeri l’anno. E che la gestione sia in passivo è praticamente una certezza. Questo è uno dei punti su cui i detrattori battono con più forza. Secondo costoro, l’impianto servirà a poco per il rilancio del Bondone e rischia di trasformarsi in una cattedrale nel deserto. Il fatto che nessun privato abbia voluto metterci del denaro potrebbe essere visto come un segnale.

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