Trasforma il tuo sogno in realtà

partecipa alle aste immobiliari.

 

Da più di un anno in Italia si fanno molti meno film


Caricamento player

La tua casa è in procedura esecutiva?

sospendi la procedura con la legge sul sovraindebitamento

 

Più o meno un anno fa tutti i comparti dell’industria del cinema italiano si riunirono al cinema Adriano di Roma per discutere un problema comune. Come ricordò all’epoca il regista 84enne Marco Bellocchio, a sua memoria era la prima volta che accadeva che tutta la filiera protestasse insieme. La ragione che aveva unito maestranze, autori, produttori, distributori, tecnici e attori era la contrarietà al blocco dei fondi pubblici per l’audiovisivo.

Era da gennaio che non venivano assegnati i fondi alle produzioni, e quindi il cinema e la televisione erano fermi. Non si poteva girare e non si poteva progettare, perché non c’era garanzia né su quando sarebbero arrivati i bandi e le assegnazioni di fondi, né su cosa sarebbe cambiato. Il blocco dei fondi era infatti causato sia da un problema strutturale, sia dal desiderio dell’allora ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano di riformare le modalità di finanziamento dell’audiovisivo. Anche dopo che lo scorso ottobre i fondi sono stati sbloccati, però, le novità nella loro assegnazione hanno reso difficile per molti girare, cioè far partire effettivamente la produzione, con la conseguenza che per oltre un anno poche produzioni hanno potuto lavorare.

All’inizio del 2025 le associazioni delle principali categorie di lavoratori del cinema hanno sostenuto che da gennaio 2024 il 70% del settore non lavora. Non esiste un dato pubblico ufficiale su quante produzioni in meno ci siano state negli ultimi 15 mesi, rispetto ai 15 precedenti. Proprio la situazione di incertezza normativa ha fatto sì che i consueti metodi di stima delle produzioni attive non siano perfettamente affidabili.

Tempesta, la società che tra i molti produce anche i film di Alice Rohrwacher, nel 2024 per esempio non ha prodotto nessun film. Ha solo seguito la distribuzione dei film girati l’anno prima, tra cui Gloria! di Margherita Vicario, presentato in concorso al Festival di Berlino: «Abbiamo dovuto attendere che si definisse il quadro legislativo e quindi non abbiamo girato quello che avremmo voluto» spiega il CEO e fondatore di Tempesta Carlo Cresto-Dina. «Abbiamo aspettato e abbiamo preparato il più possibile i film che faremo con le risorse che avevamo. Il film è un’impresa che si fa su base quadriennale: se non hai contezza di quello su cui puoi contare, come puoi programmare?».

In tutti i paesi d’Europa e in quasi tutti i paesi del mondo la produzione audiovisiva è sostenuta da fondi statali e regionali, in molti casi anche più sostanziosi che in Italia. Le ragioni sono due: la prima è l’eccezione culturale, cioè una deroga al principio del libero mercato che ha come obiettivo promuovere la produzione artistica limitandone la necessità di adeguarsi al libero mercato. La seconda è che la produzione audiovisiva ha un indotto importante sul territorio: crea una grande occupazione, impiega strutture locali e nei casi migliori funziona per promuovere il paese.

Aste immobiliari

 il tuo prossimo grande affare ti aspetta!

 

Il blocco ai finanziamenti italiani è stato innescato da un’uscita problematica dal periodo pandemico, quando i termini e le regole per l’ottenimento dei fondi pubblici erano stati modificati per essere più accessibili viste le difficoltà del momento. Quando il quadro economico era uscito dalla fase peggiore non furono ripristinate regole e limitazioni precedenti, causando un eccesso di film prodotti e poi di domande approvate. A ciò si era aggiunto un grande aumento dei costi di tutti i film, in parte fisiologico e in parte forse no: in questi mesi infatti la magistratura ha chiesto al ministero gli atti di assegnazione dei fondi di nove film, perché ritiene possano esserci stati degli illeciti.

– Leggi anche: In Italia facciamo troppi film

Vista la situazione, all’inizio del 2024 il ministero della Cultura dovette bloccare l’erogazione per non rischiare di superare il budget previsto. A questa situazione Sangiuliano aggiunse la sua riforma del sistema di finanziamento. L’ultima volta era stato riformato nel 2016 dal ministro Dario Franceschini, con una legge che era stata giudicata ottima dall’industria, perché aveva portato a una crescita eccezionale per tutto il cinema italiano.

A partire dal 2016 infatti il cinema in Italia ha vissuto una lunga stagione di prosperità. Quel decreto potenziava il contributo statale all’audiovisivo con un fondo consistente, che si sarebbe in parte autoalimentato anno su anno, usando i soldi delle tasse pagate dalle produzioni, così che più si fosse prodotto, maggiori sarebbero stati i fondi dell’anno successivo. Oltre a potenziare il contributo poi la legge stabiliva nuove norme per la sua assegnazione. La principale innovazione fu il potenziamento del tax credit, uno strumento di sgravio fiscale che già esisteva ma che la legge Franceschini aveva portato al 30% (poi diventato 40%) delle spese di realizzazione di una produzione.

Oltre allo strumento del tax credit, il decreto Franceschini era intervenuto su due forme di contributi diretti, cioè che non arrivano nella forma di uno sgravio fiscale: quelli automatici e quelli selettivi. I primi spettano a qualsiasi produzione che sia in linea con le regole (per esempio che esca in sala per un certo numero di giorni) ed è proporzionato a meriti di incasso, a meriti di vendite internazionali o di successo ai festival, in modo che fossero premiati sia i film commerciali, sia i film d’autore apprezzati e di successo nel loro settore, sia i film che girano all’estero. I secondi invece erano assegnati da una commissione in base a un lungo elenco di condizioni e situazioni che includevano l’essere “opere difficili”, cioè quelle opere che per tipologia e missione non hanno un carattere commerciale, ma che lo Stato ritiene importante produrre comunque. Le opere prime e seconde di nuovi autori sono un esempio.

Le ragioni del taglio nell’erogazione dei fondi e la riforma delle modalità di assegnazione furono annunciate in un’affollata e caotica conferenza durante la Mostra del Cinema di Venezia, lo scorso settembre. Già da quella prima presentazione dei nuovi criteri fu chiaro che non erano quelli che le produzioni più piccole si aspettavano o con cui potevano lavorare. I cambiamenti maggiori consistevano in uno spostamento di una parte dei fondi dai contributi automatici a quelli selettivi, dando quindi più potere alle commissioni ministeriali nell’assegnare i finanziamenti secondo criteri decisi dal ministero (tra cui quelli, molto discussi, di valorizzazione dell’identità nazionale). Inoltre veniva richiesta una permanenza minima in un certo numero di sale e un contratto di distribuzione già firmato con una delle prime venti società di distribuzione italiane.

– Leggi anche: Le criticate nuove regole sui finanziamenti a film e serie

Erano espedienti finalizzati a evitare il fenomeno dei film che prendono i fondi e poi non escono in sala, un problema lamentato in primis dai produttori maggiori e che tutto il settore ritiene dannoso. Tuttavia la soluzione era stata giudicata irrealistica dai produttori più piccoli e indipendenti, che per questa ragione hanno poi fatto ricorso al Tar del Lazio.

Vuoi acquistare in asta

Consulenza gratuita

 

Secondo i dati di Cassa Depositi e Prestiti esposti al grande summit di tutta l’industria un anno fa, il settore audiovisivo in Italia impiega 9.000 imprese per un totale di 65.000 posti di lavoro, più le filiere connesse come ad esempio i catering. In questo settore l’Italia è il quarto mercato di riferimento europeo, visto che nel 2022 il fatturato totale nazionale è stato di 13 miliardi di euro, equivalente al 10 per cento del fatturato totale audiovisivo continentale. Gli stessi dati di Cassa Depositi e Prestiti dicono che 1 euro speso dallo Stato nel cinema ne porta altri 3,54 di indotto in altri settori.

In quel 70% di produzioni che le associazioni di categoria sostengono sia stato fermo da gennaio 2024 ci sono più che altro le società piccole. Invece quelle maggiori, che in moltissimi casi sono parte di gruppi internazionali, hanno trovato un modo per girare anche se non nella maniera ideale.

Per esempio Wildside, una delle più grandi società di produzione attive in Italia (sono loro Le otto montagne, C’è ancora domani e La città proibita), e parte del gruppo europeo Fremantle, ha girato tre film nel corso del 2024, non dei più grossi. Li ha realizzati tutti in coproduzione con altre società e, come spiega la CEO della società Sonia Rovai, lo hanno fatto assumendosi «i rischi in attesa di alcune conferme per coprire il budget». Cioè anticipando dei soldi che la società conta di poter poi ottenere dal ministero, ma su cui vista la situazione non ha certezza.

«Noi siamo un grande gruppo europeo e questo sicuramente ci aiuta, ma le criticità affrontate in questi mesi hanno riguardato tutti. E tutti abbiamo lavorato per far sì che l’Italia non perdesse credibilità e capacità attrattiva rispetto all’estero», dice Rovai. Cioè: anche se le società maggiori hanno maggiori possibilità e sono riuscite in qualche modo a produrre, la loro natura internazionale le rende più sensibili al calo di investimenti stranieri dovuto all’incertezza normativa.

Quello che infatti successe con la legge Franceschini fu che di colpo il tax credit italiano diventò più conveniente di quello degli altri paesi europei. La cosa ha reso per diversi anni l’Italia il posto in cui era più conveniente girare, attirando produzioni internazionali piccole e grandi. Dal 2016 al 2024 moltissimi film e serie straniere sono stati girate in Italia, tra cui anche molte produzioni hollywoodiane e quindi più note, alcune delle quali sono Mission: Impossible, Fast & Furious, La sirenetta, Indiana Jones e il quadrante del destino, o la serie Emily in Paris, oltre a produzioni di medio livello di Netflix, commedie di altri Paesi europei e via dicendo. Le produzioni straniere potevano usufruire della conveniente tassazione solo per i soldi spesi in Italia ed erano tenute a impiegare maestranze italiane. Questo è un elemento cruciale tra le ragioni per cui il cinema italiano, a livello tecnico, è molto migliorato.

– Leggi anche: È un ottimo momento per i film italiani al cinema

Le novità annunciate alla Mostra del Cinema di Venezia e poi messe in pratica tramite i bandi non sono però state definitive, anzi hanno aperto una questione che ha ulteriormente bloccato la produzione. Proprio nei giorni del festival il ministro Sangiuliano era nel mezzo della crisi che poi portò alle sue dimissioni e all’arrivo di Alessandro Giuli al suo posto. Il ricorso al Tar e l’intenzione del nuovo ministro di correggere quanto fatto da Sangiuliano, anche ascoltando le richieste dei produttori, hanno portato a ulteriori lungaggini.

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

L’Avvocatura dello Stato ha infatti chiesto il rinvio dell’udienza del Tar sul ricorso presentato contro la legge Sangiuliano dai piccoli produttori. Il motivo è che la Ragioneria dello Stato sta vagliando un provvedimento correttivo del decreto impugnato. Quindi il Tar non si è pronunciato perché il ministero sta per cambiare la legge proprio negli aspetti oggetto del ricorso, ma dovrà farlo entro il 27 maggio. Questa azione è considerata un’implicita ammissione del fatto che le società che hanno fatto ricorso hanno ragione, perché le nuove regole sono discriminatorie verso alcune aziende.

La grande spinta produttiva degli anni della riforma Franceschini aveva portato alla piena occupazione e a un ingrandimento del settore. Nel corso di quest’anno invece molti lavoratori hanno vissuto con i sussidi di disoccupazione. L’impressione di molti ora è che, per quanto si potrà tornare a una situazione normale, non sarà più quella ideale degli anni della legge Franceschini, una legge che pure secondo gli stessi produttori aveva bisogno di alcuni miglioramenti.

Anche se la pronuncia del Tar oppure l’annuncio da parte del ministero della revisione di quella parte della legge di finanziamento oggetto del ricorso sono attesi entro fine maggio, molte delle società di produzione che il Post ha sentito vorrebbero che una risposta arrivasse prima del 13 maggio. Cioè prima dell’inizio del Festival di Cannes e del suo mercato, un momento dell’anno in cui si stringono accordi con partner internazionali e si affina una parte importante della pianificazione di uno o più anni a venire.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Prestito personale

Delibera veloce

 

Source link

Aste immobiliari

 il tuo prossimo grande affare ti aspetta!