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Pnrr: dietro al 60% dei progetti conclusi c’è poca trasparenza.


La sesta relazione ufficiale sull’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) mostra un’Italia apparentemente in corsa. Ma la lettura attenta dei dati rivela una realtà ben più complessa, dove la quota maggiore di fondi è ancora legata a progetti in corso e le opere pubbliche restano indietro.

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Il Governo Meloni, infatti, ha recentemente pubblicato la sesta relazione sullo stato di avanzamento del Pnrr, dichiarando con enfasi che oltre il 60% dei progetti è già stato concluso o si trova nella fase finale di attuazione. Un dato che, se letto senza il giusto contesto, può apparire come il segnale di un’implementazione spedita del piano. In realtà, dietro questa cifra si nasconde una situazione molto più articolata.

I numeri, secondo la rilevazione della Fondazione Openpolis, mostrano infatti che, pur essendo numerosi i progetti chiusi, questi assorbono solo un terzo delle risorse già assegnate. Le opere ancora in corso, al contrario, valgono oltre 95 miliardi di euro, ovvero il 67% dei fondi già destinati. Una sproporzione che evidenzia come gran parte delle spese più rilevanti, spesso legate a infrastrutture e lavori pubblici, debba ancora concretizzarsi.

A gonfiare il dato dei progetti “conclusi” sono in larga parte interventi più semplici e di minori dimensioni, come l’acquisto di beni e servizi (oltre il 53%) o l’erogazione di incentivi e contributi a privati e imprese (circa il 42%). Meno del 5% riguarda opere pubbliche concluse, che tuttavia costituiscono quasi un terzo del valore economico dei progetti chiusi. In altre parole, le opere più complesse e strutturali, quelle da cui ci si attendono gli effetti più duraturi, restano perlopiù in fase di avvio o esecuzione.

Non solo: a complicare il quadro è anche la questione della trasparenza. La piattaforma Regis, utilizzata per il monitoraggio interno del Pnrr, non è accessibile al pubblico. Gli unici dati disponibili sono quelli rilasciati sul sito “Italia Domani”, aggiornati però a dicembre 2024, rendendo difficile una verifica indipendente dello stato attuale del piano. Le dichiarazioni del ministro per gli Affari europei Tommaso Foti, secondo cui “basta andare sul sito per trovare tutto”, appaiono dunque quanto meno ottimistiche, se non distorsive.

Secondo gli ultimi dati ufficiali, proseguono da Openpolis, i progetti effettivamente completati o in fase di completamento sono 164.566, pari al 60,9% degli interventi. Tuttavia, il loro valore economico si ferma a 46 miliardi, circa il 33% delle risorse già assegnate e solo il 24% del totale che spetterebbe all’Italia nell’ambito del Pnrr.

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Le opere pubbliche rappresentano l’ambito più critico. Nonostante il loro peso nel piano – ben 70,3 miliardi di euro – solo il 28,5% di esse è stato completato o si trova in fase avanzata. Il restante 67,4% è ancora in fase iniziale o non ha ancora visto l’avvio dei lavori. Dati che confermano quanto i tempi di realizzazione delle infrastrutture restino lunghi e complessi, spesso incompatibili con le scadenze ravvicinate imposte dal piano, la cui fine è prevista entro dicembre 2026.

A complicare ulteriormente il quadro, secondo la Fondazione, c’è la strategia di riequilibrio del piano, che nelle varie revisioni ha progressivamente spostato risorse dalle opere pubbliche verso misure più rapide da attuare, come incentivi fiscali. Una scelta che consente di accelerare la spesa, ma che rischia di indebolire l’impatto strutturale del piano, soprattutto nel lungo termine. Il caso del Superbonus, finanziato con circa 14 miliardi di euro, è emblematico: misura già “completata”, ma dal ritorno economico e sociale ancora tutto da valutare.

Questa dinamica pone anche interrogativi sulla capacità di rispettare uno degli obiettivi fondamentali del Pnrr: garantire che almeno il 40% delle risorse sia destinato al Sud. Un traguardo difficile da monitorare e ancor più da raggiungere se la spesa si concentra su strumenti che non prevedono criteri territoriali vincolanti.

Ancora, il presunto primato italiano nell’attuazione del Pnrr andrebbe ridimensionato. “Sebbene l’Italia abbia il piano più ambizioso in termini di risorse e sia l’unico Paese ad aver richiesto tutte e sette le rate finora previste, altri Stati – come Romania e Francia – risultano in vantaggio in termini di scadenze completate. E nel rapporto tra richieste inviate e approvazioni ottenute dalla Commissione, la Grecia supera l’Italia”, si legge nel lavoro di indagine della Fondazione Openpolis.

foto Governo.it



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