A febbraio si è tenuto a Varsavia il terzo e ultimo di una serie di workshop a porte chiuse nell’ambito del progetto “Towards an Open, Free and Global Internet”. L’evento si è concentrato sulla libertà della componente fisica (dunque infrastrutturale) nel modello open internet, ad oggi sempre più minacciato
19/04/2025
Il 25 febbraio 2025, l’European Council on Foreign Relations ha ospitato a Varsavia lo strategy group “From water to airspace – Geopolitical tensions and infrastructures security: what role for Europe”. Si tratta del terzo e ultimo di una serie di workshop a porte chiuse nell’ambito del progetto “Towards an Open, Free and Global Internet”, finanziato dalla Fondazione Compagnia di San Paolo e in collaborazione con Formiche.net. L’evento, svolto nella cornice della Presidenza polacca del Consiglio dell’Ue, si è concentrato sulla libertà della componente fisica (dunque infrastrutturale) nel modello open internet, ad oggi sempre più minacciato. Un gruppo selezionato di decision-making europei, rappresentanti del settore privato ed esperti ha discusso di come l’Europa debba affrontare in modo proattivo le crescenti sfide alla sicurezza delle sue infrastrutture critiche di comunicazione, per restare competitiva nella corsa tecnologica globale.
In apertura dei lavori Mieszko Pawlak, segretario di Stato e viceresponsabile dell’Ufficio per la Sicurezza Nazionale con delega all’international security policy della Repubblica di Polonia, ha delineato le principali minacce attuali alla sicurezza europea. Tra i temi affrontati, il rafforzamento dei legami militari ed economici tra Cina e Russia; il generale disimpegno degli Stati Uniti dagli affari europei in materia di sicurezza: l’esposizione della Polonia alle minacce ibride russe; l’importanza dei porti baltici per energia, commercio globale e fornitura di armi verso l’Ucraina; le lezioni apprese dalla guerra in Ucraina sulla protezione della rete elettrica e l’uso di “shadow fleet”; la competizione per la supremazia nello spazio cibernetico.
Nel primo panel si è presa in analisi la protezione dei cavi sottomarini, in particolare nel Mar Baltico, sottolineando la necessità di una risposta coordinata a livello europeo per salvaguardare le infrastrutture digitali e la sicurezza economica, in linea con le priorità della Presidenza polacca dell’Ue.
Il Mar Baltico sta assumendo un ruolo centrale in tema di infrastrutture digitali critiche e sicurezza marittima. I numerosi danni inflitti a cavi sottomarini vitali degli ultimi mesi, spesso attribuiti a sabotaggi deliberati, hanno messo in luce la vulnerabilità della connettività Internet di Nato e Ue, parzialmente dipendenti da questi collegamenti. Visto il continuo attacco ad infrastrutture marittime, è fondamentale esaminare come Nato, Ue e singoli Stati membri stiano coordinando gli sforzi per rafforzare la resilienza e proteggere tali asset strategici.
Partendo dalla Nato, l’Alleanza sta aumentando la propria presenza nel Baltico in vari modi. L’Allied Maritime Command (MARCOM) gioca un ruolo chiave nella gestione degli assets marittimi e nel monitorare la situazione, specialmente in questa regione. Di fronte alle sfide poste dalla pirateria, il traffico illegale e l’invasione russa dell’Ucraina, la deterrenza marittima della Nato appare fondamentale. Le minacce ibride, come gli attacchi alle infrastrutture critiche e le tattiche nella “gray zone”, complicano tuttavia la missione di MARCOM. Il sabotaggio di infrastrutture come il gasdotto Nord Stream ha sollevato preoccupazioni sulle tattiche di guerra ibrida, dove dimostrare l’intenzionalità è notoriamente difficile. Tali attacchi si basano su strategie come negabilità plausibile, ambiguità giuridica e coinvolgimento delle grandi potenze. Per contrastarle, la Nato ha avviato iniziative come la Task Force X, che impiega veicoli di superficie senza equipaggio (USV) e droni marini per aumentare la sorveglianza.
Tra gli Stati membri dell’Ue, la Polonia è in prima linea nel rafforzamento della propria sicurezza marittima. Riconoscendo l’importanza del Baltico per la stabilità nazionale e regionale, Varsavia sta investendo significativamente nelle infrastrutture costiere, come centrali eoliche, impianti nucleari e terminali energetici. Per Varsavia, risulta prioritario anche proteggere infrastrutture critiche come il Baltic Pipe, coordinando strettamente guardie di frontiera, forze armate e altre agenzie. Per fare ciò, la Polonia propone misure concrete, come lo sviluppo di navi rifugio per rispondere rapidamente agli attacchi. Sono in fase di studio anche nuove strutture per rafforzare le capacità di contrasto, che mirano a una più stretta cooperazione con la Nato e i Paesi vicini. Centrali in questa strategia risultano l’information sharing e una cooperazione orizzontale tra forze dell’ordine, intelligence e autorità marittime. A livello Ue, la Polonia promuove l’adozione di una strategia di resilienza più ampia, in particolare a supporto dei piccoli stati baltici che mancano di risorse marittime. Progetti di cooperazione con Danimarca e altri partner mirano a rafforzare la sicurezza regionale e la resilienza nel Mar Baltico.
Quanto alla più ampia strategia europea, l’Ue si è concentrata su tre approcci principali per salvaguardare le infrastrutture critiche: colpire la flotta ombra russa, rafforzare la deterrenza attraverso l’attribuzione e la sorveglianza e migliorare la resilienza attraverso riparazioni più rapide. Ognuna di queste strategie, tuttavia, presenta delle lacune. Gli sforzi dell’Ue per colpire la flotta ombra russa consistono nell’imporre divieti di accesso ai porti e restrizioni di servizio a singole navi, con il sedicesimo pacchetto di sanzioni che ha colpito 153 navi. Pur mirando a raccogliere informazioni, questo approccio non ha ancora dato risultati tangibili. La seconda strategia, la deterrenza attraverso l’attribuzione, può essere attuata solo dai singoli Stati membri, non a livello di Nato. Inoltre, mentre la Nato e l’Ue cercano di migliorare la velocità di risposta politica, con gli sforzi di Danimarca, Germania e Svezia per fermare navi come il Team King 3, Paesi come la Germania devono ancora affrontare vincoli costituzionali, che spesso impediscono la partecipazione alle coalizioni. La terza strategia, la resilienza, è ostacolata dalla dipendenza europea a poche società private che dominano la riparazione dei cavi sottomarini. L’Ue sta esplorando iniziative pubblico-private per investire in navi di riparazione, che risultano tuttavia poche e lasciano nazioni insulari come l’Irlanda e Cipro particolarmente vulnerabili a causa delle limitate connessioni dei cavi sottomarini.
L’esempio del ministero degli Affari Digitali di Taiwan, che ha iniziato a sovvenzionare il miglioramento della resilienza delle infrastrutture internet, potrebbe fare da esempio in Europa, in particolare nelle regioni più piccole e vulnerabili. Inoltre, è essenziale affrontare le implicazioni economiche a lungo termine e migliorare gli obblighi di segnalazione dei danni, poiché i ritardi e l’aumento dei costi assicurativi possono scoraggiare gli investimenti nelle infrastrutture.
Infine, da un punto di vista legale, la protezione delle infrastrutture marittime si scontra con i limiti giuridici della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (UNCLOS). Ciò avviene soprattutto nelle Zone Economiche Esclusive (ZEE), dove la giurisdizione degli Stati costieri è limitata allo sfruttamento delle risorse piuttosto che alla protezione delle infrastrutture. Le discrepanze legali tra le leggi internazionali e quelle nazionali complicano ulteriormente l’applicazione. Per superare questi ostacoli, è suggeribile puntare sulla protezione dell’ambiente marino, in quanto più facilmente giustificabile ai sensi dell’UNCLOS. L’applicazione delle direttive europee MIS2 e CER a cavi e oleodotti nelle ZEE potrebbe portare a un approccio più uniforme alla protezione delle infrastrutture. Inoltre, i principi di responsabilità statale nel diritto internazionale potrebbero supportare misure di contrasto e legittimare le contromisure contro gli atti illeciti, a patto che questi siano allineati con i requisiti legali.
Il secondo panel ha esaminato il ruolo dell’Ue nei nuovi sistemi di connettività, comprese le soluzioni satellitari, e come l’Europa possa mantenere la propria competitività digitale difendendo al contempo un modello di Internet libero e aperto.
Discussioni sulle reti di comunicazione satellitare europee risultano sempre più frequenti, evidenziando l’importanza dello spazio nella competizione tecnologica globale e la crescente urgenza per l’Europa di garantire la propria sovranità digitale nel settore. Il potenziale ritiro dei servizi Starlink all’Ucraina e la paventata idea del governo italiano di stipulare un contratto con SpaceX mettono in luce l’influenza di provider non europei, sollevando interrogativi cruciali sulla capacità dell’Europa di salvaguardare la propria infrastruttura di comunicazione satellitare.
Lo spazio è diventato un ambiente altamente competitivo e congestionato. Ciò è particolarmente evidente nelle orbite terrestri basse (LEO), dove lo spazio disponibile è limitato e la concorrenza degli operatori globali, in particolare degli Stati Uniti, è in aumento. Con l’ascesa di società satellitari commerciali come Starlink, che detiene un quasi-monopolio nei sistemi LEO, l’Europa si trova ad affrontare sfide strategiche significative per mantenere l’autonomia della propria infrastruttura spaziale. Gli Stati Uniti, attraverso iniziative che incoraggiano il coinvolgimento del settore privato nello spazio, hanno una posizione dominante, che minaccia la capacità dell’Europa di competere ad armi pari.
Per rispondere a ciò, l’Ue ha lanciato diversi progetti. Galileo, il GPS autonomo dell’Europa, e Copernicus, che permette di osservare la Terra per scopi civili e di sicurezza, sono centrali nella più ampia strategia satellitare europea. Altra iniziativa cruciale è IRIS2, che mira a fornire servizi di comunicazione satellitare sicuri. Seppur considerato essenziale per l’autonomia strategica a lungo termine, il dispiegamento di IRIS2 dovrebbe richiedere tuttavia diversi anni. Questo ritardo lascia ad oggi l’Europa dipendente da provider esterni, e potrebbe spingere gli Stati più piccoli (e gli operatori commerciali) a passare a quelli statunitensi già disponibili. In questo senso, l’offerta di SpaceX, pur non costituendo un danno significativo alle capacità dell’Europa, illustra il divario tra l’attuale infrastruttura dell’Ue e ciò che è necessario per garantirne la sovranità digitale.
Allo stesso tempo, i sistemi LEO potrebbero diventare un potenziale complemento ai cavi sotto minaccia. Finora la Commissione europea è stata proattiva nel mostrare capacità di resilienza costruendo nuovi cavi sottomarini, ma i sistemi LEO possono fornire un valido complemento a ciò. La loro efficacia è stata dimostrata in Ucraina, e del Mar Rosso con il caso Rubymar. Sebbene nei sistemi LEO ad oggi non vi sia alcun concorrente di Starlink, ineguagliabile per maturità tecnologica ed economicità, l’Europa deve evitare di affidarsi eccessivamente ad Elon Musk, in quanto ciò potrebbe creare dipendenze strategiche con l’aumento delle tensioni geopolitiche. Sfruttare le opzioni di diversificazione, eliminando le singole criticità con sistemi di backup, è la strada da seguire prima che IRIS2 sia dispiegabile. L’Ue dovrebbe mappare ogni sistema per capire cosa può essere strumentalizzato anche come arma, nonché come risolvere le vulnerabilità.
La creazione di un sistema affidabile, con norme e standard solidi, rappresenta un’opportunità significativa. Tuttavia, il panorama europeo delle leggi sulla concorrenza presenta delle sfide, e ostacola la modulabilità necessaria per avere un’influenza globale. L’Ue deve superare le tenaglie normative e di politica industriale per costruire una solida infrastruttura di comunicazione spaziale e recuperare quote di mercato da società private straniere come Starlink e Amazon, assicurandosi al contempo di non diventare dipendente da entità non europee che controllano dati sensibili. IRIS2, destinato principalmente ai servizi di comunicazione governativi, deve inoltre garantire una duplice funzionalità pubblico-privata, implementando efficientemente le risorse per evitare un uso eccessivo dello spettro radio limitato, che potrebbe compromettere gli interessi commerciali europei.
Inoltre, l’Europa deve anche affrontare le minacce esterne, come quelle poste dalla base russa di Kaliningrad, e mitigare i rischi derivanti dai detriti satellitari e dalle interferenze, migliorando la tecnologia satellitare e le misure di sicurezza.
Un percorso verso la sovranità delle comunicazioni satellitari europee presenta insidie, ma anche notevoli opportunità. Se lo sviluppo di iniziative come IRIS2 è fondamentale per garantire la sovranità digitale dell’Europa, l’Ue deve agire rapidamente per tenere il passo con l’evoluzione della corsa allo spazio. Il rafforzamento delle capacità tecniche, il miglioramento della complementarità e la promozione di un ambiente industriale competitivo saranno fondamentali per garantire all’Europa il controllo della propria infrastruttura spaziale e delle comunicazioni digitali. In questo senso, coinvolgere gli “addetti ai lavori”, spesso assenti dai tavoli di discussione, nel decision-making risulta essenziale. Infine, l’infrastruttura satellitare dovrebbe anche essere considerata a livello diplomatico dal Servizio europeo per l’azione esterna (EEAS) per rafforzare la posizione globale e i partenariati dell’Unione.
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