Mi scrive un importante imprenditore di una notissima famiglia italiana. «Roberto, ti ho seguito sul Tg2Post. Assolutamente lucido. Complimenti. Io sconvolto da quello che viene dagli Usa. Impensabile un tempo nemmeno immaginare una banda di squinternati come quelli. Un abbraccio e Buona Pasqua». Non è da solo, purtroppo.
Durante la premiazione del Premio Leonardo, riconoscimento a chi vince sui mercati globali tenendo in alto la bandiera italiana, ho visto molte facce tese, stretto mani fredde, ascoltato sussurri preoccupati. L’Italia è una potenza economica grazie al proprio export ma se i dazi di Donald Trump non verranno eliminati rischiamo l’osso del collo, nonostante gli studi di Banca d’Italia raccontino di un sistema industriale che esporta negli Stati Uniti molto resiliente, perché sarebbe impermeabile all’aumento dei prezzi, in quanto vendiamo anche una certa dose di italian style cui nessuno vuole o può rinunciare, che si tratti di meccanica di precisione, di una Ferrari o del Brunello di Montalcino.
Il successo della visita di Meloni
Per questo il successo politico della visita di Giorgia Meloni alla Casa Bianca, uscita indenne e rinfrancata dal ring dello Studio Ovale, e definita da Donald Trump come «alleata eccezionale dell’America nel mondo», deve tramutarsi rapidamente in un successo commerciale. E per questo l’Unione Europea deve affidarsi proprio alla premier italiana per negoziare la riduzione dei dazi sulle merci. E questo non solo perché Meloni è palesemente tenuta in simpatica considerazione dal presidente statunitense, in quanto della sua stessa fede politica, ma perché il paese che guida coniuga alla perfezione la forza dell’industria pesante tedesca e del nazionalismo francese con un sistema di imprese flessibile e innovativo. Potremmo dire che siamo nelle mani dei tanti nipoti di Leonardo da Vinci ma che necessitano di una guida.
L’Europa lascerà da parte valutazioni politiche e sceglierà la strada di una negoziazione, già avviata, con l’Italia al centro del Comitato europeo del commercio estero? Ovvero resterà irretita dalle pulsioni personali dei paesi membri, probabilmente anche invidiosi, come il centrosinistra italiano, della riuscita del viaggio americano del presidente del Consiglio? Non si riesce a capire ma c’è, purtroppo, tanto scetticismo in giro sulla capacità negoziale di Ursula von der Leyen. A questo proposito mi scrive un altro grande manager di un colosso delle partecipazioni statali. «Nel tuo intervento al Tg2 hai chiuso dicendo facciamoci rispettare… Ma il rispetto è in funzione di quello che si fa o non si fa e la Ue ha fatto di tutto e di più per perdere il rispetto all’interno di casa sua e anche al di fuori, è una ex forza economico industriale e manca assolutamente di coesione politica, ma soprattutto di veri statisti che riescano a guidare e non essere guidati da minoranze e da facili populismi».
Spaventati ma combattivi
Questi messaggi, che ovviamente tengo nell’anonimato, descrivono un Paese spaventato anche se combattivo, ma convinto che dovremo fare da soli. Non è chiaro ancora come. Comprando gas americano più caro di quello già costoso che acquistiamo dopo la fine degli approvvigionamenti russi? Facendo investimenti, come ha promesso Meloni, di 10 miliardi negli Usa? Aumentando le spese militari, non so come, perché il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha paura di buttare alle ortiche la promozione di Standard and Poor’s aumentando il debito pubblico?
È un sentiero stretto quello che il governo e il paese hanno davanti, ci sentiremmo meno soli se l’Europa battesse un colpo, in un contesto in cui mentre l’amico americano si è allontanato, l’ex nemico tedesco ha costruito sul riarmo una sua personale uscita di sicurezza dalla crisi. In assenza di scelte europee, forti, concrete e condivisibili, non c’è che affidarsi allo stellone italico e alla forza della premier, consapevoli che potrebbe non bastare.
Tutti vogliono quello che ho solo io, ha detto Trump. In molti hanno pensato al gas, alle armi, al dollaro. Si tratta della forza, che giusta o sbagliata che sia, gli deriva da una impalcatura statale che mette nelle mani del presidente ogni potere. Oggi quella forza genera incertezza ed è il fuoco amico dell’amico americano a fare più paura di tutto. Intanto godiamoci la Pasqua e plaudiamo a quella figura straordinaria di Papa Francesco, il quale privo di voce e forza fisica ha trovato il modo di incontrare i dimenticati reclusi in prigione. Questa è la forza che ci serve. Auguri a tutti i lettori e agli amici di MF-MilanoFinanza. (riproduzione riservata)
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