Investi nel futuro

scopri le aste immobiliari

 

Crisi USA-Cina, quali effetti per gli investitori italiani? Le azioni a rischio


L’ipotesi di un “divorzio finanziario” tra Stati Uniti e Cina fa tremare oggi i mercati. In un mondo interconnesso come il nostro, l’inasprimento delle tensioni commerciali e tecnologiche tra le due superpotenze mondiali potrebbe infatti innescare conseguenze profonde, anche per gli investitori italiani.

Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 

A lanciare l’allarme è Goldman Sachs, che stima un possibile esodo di capitale da 800 miliardi di dollari in azioni cinesi detenute da investitori statunitensi, nel caso estremo di un completo disaccoppiamento tra i due Paesi.

Cosa si rischia con l’esclusione delle aziende cinesi dalle borse Usa

Secondo Goldman Sachs, le istituzioni finanziarie statunitensi detengono attualmente circa 250 miliardi di dollari in ADR cinesi (American Depositary Receipts, ovvero azioni cinesi scambiate a Wall Street), pari al 26% della capitalizzazione totale di questi strumenti. A queste si aggiungono 522 miliardi in azioni di Hong Kong e una presenza marginale (solo lo 0,5%) nel mercato domestico cinese delle A-shares.

In uno scenario di “delisting forzato” – ovvero l’esclusione delle aziende cinesi dalle borse americane – si stima una perdita immediata di valore del 9% sugli ADR e del 4% sull’indice MSCI China. A pagare il conto sarebbero soprattutto i fondi passivi e gli ETF esposti alla Cina, come il Kraneshares CSI China Internet Fund, che detiene una quota elevata di ADR (33%) e ha il 72% del proprio capitale in mani americane.

Contabilità

Buste paga

 

Perché la crisi potrebbe estendersi e come

Come sottolineano gli esperti, la crisi non colpirebbe solo Pechino. Goldman evidenzia che anche gli investitori cinesi potrebbero dover dismettere fino a 1.700 miliardi di dollari di asset finanziari americani, di cui 370 miliardi in azioni e 1.300 miliardi in obbligazioni. Un contraccolpo potenzialmente devastante per i mercati Usa e, per estensione, per l’intero sistema finanziario globale.

L’effetto domino potrebbe essere innescato rapidamente: le A-shares cinesi potrebbero essere vendute in una sola giornata, mentre per disfarsi degli ADR e delle azioni a Hong Kong servirebbero rispettivamente 97 e 119 giorni, secondo le simulazioni della banca d’affari.

Cosa significa tutto questo per gli investitori italiani?

L’Italia non è spettatrice indifferente in questa partita globale. I risparmiatori e i fondi italiani, specialmente quelli esposti agli ETF e ai fondi globali con posizioni in Cina o negli Stati Uniti, potrebbero ritrovarsi coinvolti in una tempesta finanziaria fatta di volatilità, correzioni forzate e riduzione del valore patrimoniale netto.

In particolare, gli ETF emergenti e i fondi bilanciati che seguono indici globali come MSCI World o MSCI Emerging Markets potrebbero essere costretti a ribilanciare i portafogli se le azioni cinesi venissero escluse dagli indici internazionali. JPMorgan stima outflow passivi per almeno 11 miliardi di dollari solo da questo meccanismo.

Inoltre, aziende cinesi molto presenti nei portafogli retail – come Alibaba, JD.com o Baidu – sono tutte quotate tramite ADR a New York. In caso di delisting, i piccoli investitori potrebbero non avere accesso diretto ai mercati alternativi (come Hong Kong), rischiando di rimanere “intrappolati” o costretti a vendere in perdita.

Le azioni a rischio

Nel contesto di un possibile disaccoppiamento finanziario tra Stati Uniti e Cina, è essenziale che gli investitori italiani – sia retail che istituzionali – analizzino attentamente le posizioni in portafoglio. Alcuni titoli e strumenti potrebbero trovarsi sotto pressione crescente, mentre altri potrebbero invece beneficiare dallo spostamento degli equilibri economici globali.

Tra le azioni più a rischio, ci sono:

  • le società cinesi quotate a Wall Street senza doppia quotazione a Hong Kong, che essendo quotate solo attraverso ADR (American Depositary Receipts) nei mercati USA, sarebbero tra le prime a subire le conseguenze di un eventuale delisting forzato. In assenza di un’alternativa di trading accessibile, gli investitori occidentali – italiani inclusi – potrebbero ritrovarsi con titoli illiquidi o difficili da vendere, con conseguenti perdite improvvise di valore. In più, una fuoriuscita di capitali americani da questi titoli potrebbe accelerare il calo dei prezzi;
  • gli ETF focalizzati sulla Cina, come il Kraneshares CSI China Internet Fund, che rischiano impatti particolarmente forti in caso di disaccoppiamento. Essi includono una quota rilevante di ADR e sono spesso composti da titoli ad alta volatilità legati a tecnologia, e-commerce e innovazione digitale. Se dovessero partire vendite forzate da parte di fondi passivi statunitensi, questi strumenti subirebbero una pressione ribassista immediata che potrebbe riflettersi anche sui mercati europei attraverso gli ETF UCITS domiciliati in Irlanda o Lussemburgo ma esposti a questi indici;
  • fondi obbligazionari esposti al debito USA o cinese, che includono titoli di Stato o obbligazioni corporate cinesi e statunitensi potrebbero registrare flussi in uscita significativi nel caso in cui Pechino decidesse di dismettere asset finanziari americani (fino a 1.700 miliardi di dollari secondo Goldman Sachs). Il conseguente aumento della volatilità nei tassi e nei rendimenti obbligazionari impatterebbe direttamente anche i fondi detenuti da investitori italiani;
  • grandi gruppi bancari fortemente presenti sia negli Stati Uniti che in Asia, che potrebbero risentire di una contrazione degli scambi e di una crescente difficoltà nel gestire operazioni cross-border. Questo potrebbe riflettersi in margini ridotti, maggiore avversione al rischio e una perdita di fiducia da parte degli investitori.





Source link

Assistenza e consulenza

per acquisto in asta

 

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Dilazioni debiti fiscali

Assistenza fiscale