I Caf potranno vivere una Pasqua tranquilla. Alla riapertura degli uffici dopo le feste, gli impiegati potranno contare sull’approvazione del decreto che consentirà loro di calcolare su tre aliquote gli acconti Irpef del 2025. Un provvedimento d’urgenza richiesto dalla scoperta di un disallineamento delle norme che avrebbe comportato per i contribuenti un aggravio in termini di dichiarazione e di versamenti.
IL CORRETTIVO
Il governo aveva annunciato un intervento non appena era emerso che per il calcolo degli acconti relativi al periodo 2024 e 2025 si sarebbe continuato ad applicare il vecchio sistema a quattro aliquote anziché le tre previste dalla riforma tributaria messa a punto dal ministero dell’Economia e dal viceministro Maurizio Leo. Un intervento che dovrebbe aggirarsi tra i 250 e i 300 milioni di euro, promesso già lo scorso 25 marzo con un comunicato stampa per fugare dubbi interpretativi a tutela dei contribuenti interessanti. Il comunicato ricordava inoltre come l’acconto per l’anno 2025 sia dovuto, con applicazione delle aliquote 2023, «solo nei casi in cui risulti di ammontare superiore a 51,65 euro la differenza tra l’imposta relativa all’anno 2024 e le detrazioni, crediti d’imposta e ritenute d’acconto, il tutto però calcolato secondo la normativa applicabile al periodo d’imposta 2024».
Il correttivo Irpef non sarà l’unico provvedimento sul fisco atteso questo pomeriggio sul tavolo dei ministri. All’ordine del giorno è prevista la bozza del decreto legislativo Enti locali, ultimo attuativo in ordine del tempo della delega.
Secondo le bozze circolate finora, il dlgs prevederà tra le altre norme la possibilità per le province di imporre una tassa d’imbarco di un 1 euro sui viaggiatori che prendono una nave o un volo da uno degli scali nel loro territorio e la compartecipazione delle Regioni e degli enti locali al gettito Irpef, le une nel 2027, gli altri nel 2026. Nel testo trova inoltre spazio la possibilità per gli Enti locali di ricorrere a forme proprie di sanatoria e definizione agevolata, che permettano ai contribuenti di saldare i propri debiti con sanzioni o interessi ridotti.
Le imprese guardano tuttavia con apprensione agli interventi previsti in materia di rifiuti. In particolare la modifica alla disciplina della Tari che estende la tassa anche alle aree di lavorazione industriale e ai magazzini connessi dove si producono rifiuti speciali e non rifiuti urbani. I primi sono smaltiti dalle imprese stesse a proprie spese, rivolgendosi a soggetti autorizzati e non possono essere conferiti al servizio di gestione dei rifiuti urbani. In pratica se costretti a pagare la Tari nella misure del 40% anche nelle aree industriali, le imprese si troverebbero a pagare due volte.
L’IMPATTO
Prime simulazioni calcola un aggravio fino al 400% dell’attuale tributo, con una applicazione disomogenea lungo tutta la penisola considerate le differenze nell’estensione degli stabilimenti, delle superfici produttive e delle tariffe adottate dai singoli Comuni.
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