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Spazio, cosa serve all’Italia per avere successo nella corsa al cielo


Sannini sposa questo approccio: “L’aspetto più interessante di questo piano è la sua apertura: lo spazio è un mondo trasversale. Non servono solo ingegneri o scienziati, ma anche manager, esperti di finanza, comunicatori, analisti e figure capaci di muoversi in contesti interdisciplinari. Investire in alta formazione significa creare professionisti pronti a cogliere queste sfide“. Ed è dall’accademia che occorre iniziare questo rafforzamento di competenze applicate allo spazio, integrandosi con le aziende: “I modelli sono quelli della Cranfield University, di Cambridge o il Mit. Finora ci sono stati alcuni timidi esempi in Italia, ma dobbiamo fare di più per garantire che le nostre università e i nostri centri di ricerca siano in grado di formare figure professionali con competenze aziendalistico-finanziarie e capacità di visione strategica“.

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Fare rete, nello spazio

Va notato come startup e pmi vivano una sorta di dipendenza o competizione con aziende più strutturate, talvolta anche con i colossi che dominano il mercato. Anche in questo senso andrebbe valutata l’importanza di prodotti come corporate bond e basket bond, strumenti finanziari che consentono a gruppi di piccole e medie imprese di raccogliere risorse emettendo obbligazioni come un unico soggetto. Detto altrimenti, strumenti per unire le forze in consorzi attraverso i quali approcciare anche i mercati emergenti.

I cluster e i distretti tecnologici costituiscono il cuore dell’innovazione. L’esperienza positiva di regioni come Piemonte e Lombardia dimostra come l’integrazione tra aziende, università e istituzioni possa generare valore. Da qui l’idea di sviluppare un sistema nazionale di cluster aerospaziali interconnessi, ognuno specializzato in un segmento strategico, dalla progettazione satellitare al downstream. Questi poli tecnologici dovrebbero essere supportati da infrastrutture condivise, come banchi di test, supercomputer e piattaforme digitali, capaci di accelerare la prototipazione e la validazione tecnologica“.

Trattandosi di space economy, Sannini si augura non vengano sottovalutati prodotti finanziari per accedere al credito, per esempio obbligazioni “tailor made” per un panorama frastagliato ma di grande affidabilità, com’è quello della piccola e media industria italiana di settore: “Immaginiamo un basket bond che coinvolga pmi italiane attive nella produzione di componenti satellitari, propulsori o sistemi avionici – spiega l’advisor -. Le risorse raccolte potrebbero essere utilizzate per finanziare uno sviluppo tecnologico condiviso, o per partecipare a bandi dell’Agenzia spaziale europea, l’Esa. Non solo le aziende avrebbero accesso a fondi, ma verrebbe anche rafforzata la loro competitività all’interno di una filiera più solida e interconnessa“.

Solidità per non soccombere ai colossi

Pmi più forti, dunque, che possano crescere e dire la loro su un mercato in cui, spesso, si finisce divorati da aziende più grandi. Una prospettiva, quest’ultima, con pro e contro: “Da un lato, l’ingresso di una grande azienda può garantire risorse finanziarie, tecnologiche e operative, che difficilmente una pmi potrebbe ottenere da sola – continua Sannini – . Può anche consentire l’accesso a mercati globali, infrastrutture avanzate e reti di conoscenze, permettendo a una compagnia meno strutturata di accelerare il suo percorso di crescita. D’altra parte, si rischia di perdere la propria autonomia e visione strategica, ed essere messi in secondo piano. In alcuni casi è persino possibile una riduzione della competitività, con il rischio di una maggiore concentrazione nelle mani di pochi attori dominanti“.

È qui che il capitale di rischio può fare la differenza per una pmi, “per consolidare la propria posizione sul mercato, aumentando il proprio valore e rafforzando le competenze – conclude Sannini – e diventare un attore più forte e preparato, pronto ad affrontare una seconda fase in cui un’acquisizione da parte di una grande azienda non sarebbe più una necessità, ma un’opportunità calcolata per fare un ulteriore salto qualitativo”.

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