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Mettere in Sicurezza l’Italia: il ruolo della FIRE Economy tra Immobiliare e Assicurazioni


Nel 2008, mentre gli Stati Uniti affrontavano la crisi dei mutui subprime, un importante investitore mi disse: “L’unico vero asset rifugio è il mattone, ma solo se assicurato”. Questa frase, che sintetizzava il modello americano della FIRE Economy (Finance, Insurance, Real Estate), sottolineava l’importanza della sinergia tra finanza, assicurazioni e immobiliare per la protezione del patrimonio. Negli Stati Uniti, questa interconnessione è sempre esistita, plasmando il mercato e offrendo strumenti sofisticati per affrontare le crisi economiche e i disastri naturali.

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In Italia, invece, il concetto di FIRE Economy è emerso con maggiore enfasi solo di recente, anche grazie all’attività di Remind, che ha promosso un dibattito approfondito sulla centralità e l’interconnessione di settori come l’immobiliare, le infrastrutture, la mobilità, le assicurazioni e le banche per la crescita economica della Nazione.

Il mercato immobiliare italiano, pur essendo uno dei più solidi d’Europa, ha tradizionalmente avuto una struttura più conservativa rispetto a quello americano, con una maggiore concentrazione della proprietà immobiliare nelle mani di piccoli e grandi privati.

Tuttavia, il settore si trova ora di fronte a un’accelerazione dei rischi legati al cambiamento climatico, che sta minacciando il tradizionale rapporto tra immobiliare e assicurazioni. L’aumento esponenziale degli eventi climatici estremi sta ridefinendo le dinamiche di investimento, i costi di copertura assicurativa e la sostenibilità del mercato immobiliare.

L’immobiliare italiano: un gigante vulnerabile

Il settore immobiliare in Italia ha sempre rappresentato un asset strategico, non solo per gli investitori istituzionali, ma anche per le famiglie, che detengono oltre il 70% della ricchezza nazionale in proprietà immobiliari (Fonte: Banca d’Italia, 2023).

Il valore complessivo del patrimonio immobiliare residenziale in Italia è stimato intorno ai 6.000 miliardi di euro (Fonte: Agenzia delle Entrate, 2023), rendendolo il principale bacino di investimento per il risparmio privato. Negli ultimi anni, la domanda di investimenti nel mattone si è mantenuta alta, alimentata da tassi di interesse storicamente bassi e da incentivi fiscali.

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Tuttavia, la crescente esposizione agli eventi climatici estremi sta introducendo nuove variabili di rischio. Secondo il rapporto ISPRA 2023, oltre il 91% dei comuni italiani è esposto a rischi idrogeologici e climatici, con il 16,6% della popolazione residente in aree ad alta pericolosità.

Le città costiere e le aree metropolitane italiane, come Venezia, Napoli e Genova, sono particolarmente vulnerabili a fenomeni come l’innalzamento del livello del mare e le inondazioni.

Un recente studio del Cnr ha evidenziato che entro il 2100 il livello del mare potrebbe aumentare fino a 1 metro, mettendo a rischio migliaia di abitazioni lungo le coste italiane.

Allo stesso tempo, le ondate di calore e gli incendi boschivi stanno minacciando anche zone tradizionalmente considerate sicure, come le regioni collinari e montane. Questo scenario sta spingendo gli investitori a riconsiderare le strategie di allocazione del capitale nel settore immobiliare.

Il ruolo delle assicurazioni

Il settore assicurativo ha storicamente garantito una rete di sicurezza per il mercato immobiliare, fornendo polizze contro danni da catastrofi naturali.

Tuttavia, il rapido aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi climatici sta mettendo sotto pressione la sostenibilità di questo modello. Secondo i dati dell’ANIA (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici), il costo dei sinistri legati a eventi climatici estremi è aumentato del 35% negli ultimi cinque anni, con un incremento medio annuo delle richieste di risarcimento pari al 10%.

Le compagnie stanno rispondendo con un aumento dei premi assicurativi e con una maggiore selettività nella copertura dei rischi. In alcune aree, le polizze contro calamità naturali stanno diventando proibitive, con un aumento medio del 25% dei costi di copertura per immobili situati in zone a rischio idrogeologico.

Le assicurazioni sono inoltre chiamate a rivedere i propri modelli di rischio e a sviluppare prodotti innovativi, come polizze parametriche che offrono rimborsi immediati basati su parametri oggettivi (ad esempio, un certo livello di precipitazioni o la velocità del vento).

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Tuttavia, l’equilibrio tra sostenibilità economica e protezione assicurativa rimane fragile. Un recente studio del Geneva Association sottolinea che, se le tendenze attuali dovessero proseguire, entro il 2040 oltre il 30% delle proprietà italiane potrebbe non essere assicurabile attraverso i tradizionali modelli di copertura.

Possibili conseguenze e scenari futuri

Se la tendenza attuale persiste, il rapporto tra immobiliare e assicurazioni potrebbe subire profonde trasformazioni. Alcuni possibili scenari includono:

  • Declino del valore immobiliare nelle aree a rischio: gli investitori potrebbero iniziare a svalutare gli asset immobiliari situati in zone particolarmente vulnerabili, con un conseguente impatto sui prezzi di mercato e sulla domanda. Secondo uno studio di Nomisma (2023), il valore degli immobili situati in aree a rischio alluvionale è già diminuito del 12% negli ultimi cinque anni.
  • Riorientamento degli investimenti verso costruzioni resilienti: lo sviluppo di edifici sostenibili e in grado di resistere a condizioni climatiche estreme potrebbe diventare un nuovo standard di mercato, incentivando l’uso di materiali innovativi e soluzioni tecnologiche avanzate. Secondo il rapporto di Legambiente 2023, solo il 7% degli edifici in Italia è stato costruito secondo criteri di resilienza climatica.
  • Aumento della pressione sulle politiche pubbliche: il Governo potrebbe essere orientato a introdurre incentivi fiscali per le ristrutturazioni sostenibili o a istituire fondi pubblici per coprire i danni non assicurabili. Attualmente, il Fondo Nazionale per la Protezione Civile stanzia circa 2 miliardi di euro all’anno per la gestione delle emergenze climatiche, ma secondo uno studio del Politecnico di Milano, servirebbero almeno 10 miliardi di euro annui per affrontare adeguatamente il rischio climatico.
  • Ridefinizione del ruolo delle assicurazioni: le compagnie potrebbero essere spinte a sviluppare partnership pubblico-private per garantire una copertura più equa e accessibile contro i rischi climatici. Il modello francese CAT-NAT, ad esempio, prevede un sistema di coassicurazione pubblica che potrebbe essere replicato anche in Italia.

La FIRE Economy italiana si trova quindi a un bivio. L’impatto crescente degli eventi climatici estremi sta sfidando il tradizionale equilibrio tra immobiliare e assicurazioni, aprendo nuovi interrogativi su come proteggere il valore degli asset e garantire la sostenibilità del mercato. Il futuro dipenderà dalla capacità del settore di adattarsi, investendo in soluzioni innovative e promuovendo una maggiore resilienza. Solo così sarà possibile mantenere la centralità della FIRE Economy nell’ecosistema finanziario italiano e affrontare le sfide del cambiamento climatico con strategie di lungo periodo.

L’intervento del Governo: obbligo assicurativo per i rischi catastrofali

In risposta all’aumento esponenziale dei rischi climatici, il Governo italiano presieduto dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dai Vicepresidenti Antonio Tajani e Matteo Salvini ha introdotto un importante intervento normativo con il Decreto Legge 31 marzo 2025, n. 39, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 75 del 31 marzo 2025.

Il decreto stabilisce l’obbligo per le imprese di stipulare polizze assicurative a copertura dei danni direttamente cagionati da calamità naturali ed eventi catastrofali, come previsto dalla legge 30 dicembre 2023, n. 213.

Tuttavia, per tenere conto della complessità e dell’impatto economico sulle imprese di minori dimensioni, è stato disposto un differimento dei termini: per le medie imprese, l’obbligo scatterà dal 1° ottobre 2025, mentre per le piccole e microimprese dal 31 dicembre 2025. Per le grandi imprese, invece, l’obbligo resta confermato a partire dal 1° aprile 2025, con una moratoria di 90 giorni per l’adeguamento.

Questa misura rappresenta un passaggio fondamentale verso un sistema economico più resiliente e consapevole dei rischi catastrofali, e conferma il ruolo centrale delle assicurazioni nella strategia nazionale di protezione del patrimonio produttivo e immobiliare.

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Paolo Crisafi è Cavaliere di Gran Croce, Ordine al Merito della Repubblica Italiana, e Presidente di Remind.



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