Radiografia di una crisi. Anzi, più di una: in Veneto, nel 2024, sono state autorizzate 61 milioni e 626.167 ore di cassa integrazione ordinaria, +44% rispetto al 2023. Altre sette e 703.993 ore per la cig straordinaria (crisi aziendali strutturali), un -5,1% rispetto all’anno precedente. La cassa in deroga vale invece 130.250 ore. Ma sommando le tre voci si arriva a 69 milioni e 460.410 ore di cassa integrazione nel 2024, +36,4% sul 2023. Ma non ci sono solo questi numeri: si contano anche 221 aziende che hanno presentato istanza per la composizione negoziata della crisi (offre maggiori tutele ai lavoratori e serve a prevenire la liquidazione giudiziale): i casi più eclatanti e recenti sono Coin e Progest. Le liquidazioni giudiziarie (fallimenti) crescono in Veneto +34% tra 2023 e 2024, arrivando a 713 procedure. L’Unità di crisi della Regione ha in carico 23 aziende per quasi 5.000 lavoratori e 17 in monitoraggio con circa 6.000 addetti. Considerando tutti i casi, il settore metalmeccanico pesa per un terzo delle imprese e dei lavoratori interessati. A questa situazione si aggiunge il calo dell’export che genera circa la metà del Pil Veneto: nei primi nove mesi del 2024 è calato del 2,5% rispetto allo stesso periodo del 2023 (una flessione più marcata rispetto alla media nazionale del -0,7%). Gli Usa valgono il 9,3% delle esportazioni regionali, circa 7,6 miliardi di euro nel 2023, e 5,4 miliardi nei primi nove mesi del 2024: numeri che preoccupano alla luce dei dazi di Trump. Messi in fila tutti questi dati, Tiziana Basso, segretaria della Cgil del Veneto, ha chiesto che non li si resti a guardare. Che fare? Regione e Governo si attivino per il blocco dei licenziamenti e la riattivazione della cig in deroga nel settore artigiano. E la Regione integri perchè chi ha questo ammortizzatore percepisce solo 900 euro al mese.
La Cgil chiede alla Regione anche uno slacio su “vere politiche industriali per non perdere la vocazione manifatturiera” del Veneto”che è in serio pericolo” e si vincolino i fondi europei alle aziende che rispettano alcuni requisiti come la tutela e l’aumento dell’occupazione. La situazione non è rosea, ha proseguito Giacomo Vendrame, segreteria regionale, consigliando di smetterla con il “modo immotivatamente ottimistico” di leggere i dati sull’occupazione: “Esiste un effetto ottico che fa apparire i dati ancora positivi perché esiste un’onda lunga del rimbalzo post covid. In realtà esistono dei settori che sono in profonda trasformazione, con perdite importanti in termini occupazionali, come tessile, calzaturiero e automotive. In questi ambiti i dati di lungo periodo non mentono e dimostrano la necessità di interventi con politiche apposite”. Antonio Silvestri, segretario Fiom del Veneto, ha parlato di una “tempesta perfetta” che si abbatte in particolare sul metalmeccanico, tra mancate transizioni ecologiche e digitali, politiche industriali inesistenti e situazione geopolitica. E inoltre si assiste “ad una durezza mai vista prima nei confronti dei lavoratori, in quanto spesso si parte subito con l’annuncio di licenziamenti di massa rendendo estremamente difficili le vertenze”. Ma soffrono anche gomma, plastica, vetro, tessile, concia, calzature: qui tanta cig, ha detto Michele Corso, segretario Filctem del Veneto; peraltro gran parte del mercato del lusso (moda ma anche occhialeria) prodotto in Veneto è rivolto al mercato Usa e risentirà dei dazi. Cecilia de’ Pantz, segretaria Filcams del Veneto, ha ricordato le traversie di Coin (“Serie ricadute” a San Donà e Vicenza) e della Premunian. Nicola Atalmi, segretario Slc del Veneto, quelle di Progest, in crisi per un sovraindebitamento aziendale, e Telemat (21 esuberi).
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