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I cinesi di Nuo Capital, ma anche gli eredi Hermès e gli Agnelli: chi c’è dietro l’acquisizione di Bialetti


di
Massimiliano Del Barba

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Lo storico marchio della moka dell’Omino con i baffi passa di mano a una cordata franco-cinese per 150 milioni : pronto il delisting da Piazza Affari

Più della dimensione commerciale, più dei conti aziendali — ancora gravati da un importante debito —, più della linea di prodotto — diversificata ma senza un ampio riscontro di mercato —, ha contato la potenza evocativa di un marchio che ispira nel mondo l’estetica, il gusto e il design italiano. La moka Bialetti, quella dell’Omino con i baffi scaturito nel 1958 dalla matita di Paul Campani, da oggi parla un idioma che è un mix fra il francese e il mandarino.

Le lussemburghesi Nuo Capital, fondo partecipato fra gli altri dal magnate cinese Stephen Cheng e dalla holding Exor, e Jakyval, che è invece espressione dei tre eredi di Émile-Maurice, fondatore del colosso Hermès, hanno infatti sottoscritto pariteticamente un contratto di compravendita attraverso il veicolo Nuo Octagon per l’acquisto del 78,567% delle azioni dell’azienda nata nel 1919 a Omegna, sul lago d’Orta, trasferitasi dal Piemonte alla Lombardia nel 1993 in seguito all’acquisizione da parte della bresciana Rondine di Francesco Ranzoni e quotata dal 2007. Il closing è previsto entro la fine di giugno e, successivamente, verrà lanciata un’Opa sul flottante rimanente per un prezzo di 0,467 euro ad azione al fine di arrivare al delisting entro l’anno.




















































L’operazione, che dovrebbe cubare in totale 150 milioni — seguita per Nuo da Chiomenti come consulente legale, da Gitti & Partners per gli aspetti fiscali, da Ey e da Vitale&Co in qualità di advisor, e per Bialetti da Lazard in qualità di advisor finanziario e da BonelliErede come consulente legale — è stata salutata positivamente da Piazza Affari, dove il titolo, a fine seduta, mercoledì 16 aprile si è apprezzato del 61,29%, sfiorando il prezzo dell’Opa a 0,45 euro. Al netto dell’ennesimo marchio italiano finito in mani straniere — c’è chi nelle scorse ore si è chiesto il perché nessun gruppo nazionale si sia fatto avanti — l’apprezzamento del mercato nasce dalla possibile exit strategy dalla negativa situazione finanziaria di Bialetti, gravata da un indebitamento di 114,6 milioni di euro (in crescita sul 2023 di 6,5 milioni), nonché dai risultati di un esercizio chiuso con 1,1 milioni di euro di perdite (2,2 nel 2023) malgrado la crescita dei ricavi del 5,9% a 149,5 milioni, sostenuta dalle vendite del caffè in cialda, produzione made in Italy, mentre il grosso delle moke viene prodotto in Romania (le pentole, prodotte in Turchia, sono state invece vendute nel 2021).

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La vendita si inserisce nell’ambito di una operazione legata al rifinanziamento dell’indebitamento di Bialetti già previsto nell’accordo di ristrutturazione raggiunto nel 2021. In questo contesto la società beneficerà di due nuove tranche di finanziamento per complessivi 75 milioni concessi a vario titolo da Illimity Bank, Amco Asset Management Company, Bpm, Bper e Banca Ifis, a cui si aggiungerà l’apporto in equity da parte del veicolo Nuo Octagon di altri 49,5 milioni di euro.

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17 aprile 2025 ( modifica il 17 aprile 2025 | 17:26)

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