L’industria italiana rischia una perdita di competitività sui mercati globali in assenza di strategie efficaci, interventi strutturali adeguati e investimenti mirati nelle tecnologie di decarbonizzazione. È quanto emerge dallo studio “Industria e decarbonizzazione: quale competitività tra scenari futuri ed evoluzione tecnologica” sviluppato da Edison Next e Boston Consulting Group (Bcg) che analizza l’impatto delle politiche di transizione energetica su cinque settori energivori – acciaio, chimica, cemento, carta, ceramica – che hanno partecipato alla realizzazione dello studio, evidenziando il gap di competitività dell’industria italiana rispetto ad altri Paesi.
Tecnologie per la competitività e la sostenibilità
«La transizione energetica dell’industria italiana è una sfida complessa che richiede un equilibrio tra sostenibilità e competitività. Il nostro impegno è accompagnare le imprese in questo percorso con un mix di tecnologie che evolve nel tempo dal fotovoltaico e le biomasse del breve periodo fino all’idrogeno e al nucleare nel lungo termine. Nell’immediato i contratti power purchase agreement accoppiati a impianti di generazione rinnovabile e l’efficienza energetica sono la soluzione più efficace per ridurre le emissioni legate al processo produttivo e al contempo i prezzi dell’energia, che sono una componente di costo importantissima per i settori industriali analizzati nello studio. La transizione non deve essere solo un obiettivo ambientale, ma anche una leva di competitività per il sistema industriale italiano», ha dichiarato Giovanni Brianza, ceo di Edison Next.
«La competitività dell’industria europea dipenderà sempre più dalla capacità di intervenire su due fronti strategici: da un lato, è fondamentale ridurre il prezzo dell’energia, che in Italia e in Europa resta significativamente più alto rispetto a Paesi extra-Ue, incidendo in modo diretto sui settori energivori; dall’altro, è urgente garantire un quadro regolatorio internazionale equo sul fronte decarbonizzazione, in cui tutti gli attori industriali competano alle stesse condizioni. Il Cbam rappresenta un passo nella giusta direzione, ma deve essere accompagnato da un’accelerazione sull’applicazione di tecnologie di decarbonizzazione, affinché la transizione non sia un ostacolo ma una leva di sviluppo industriale» spiega Alice Iaia, partner di Bcg e co-autrice dello studio.
Scenari previsionali al 2030: Europa a rischio competitività
Lo studio ha considerato scenari previsionali al 2030 per i prezzi di elettricità, gas e CO₂: nonostante il differenziale di questi costi tra Italia e altri Paesi Ue si riduca nel periodo 2025-2030, il risultato è comunque un’Italia e un’Europa meno competitiva rispetto a Paesi extra-Ue (come Cina e Stati Uniti). In particolare, al 2030 si prevede:
- prezzo dell’elettricità in Italia superiore del 10% rispetto alla media dell’Unione europea e fino del 30% rispetto agli Stati Uniti;
- prezzo del gas più alto del 120% rispetto agli Stati Uniti, incidendo fortemente sui settori energivori;
- prezzo della CO₂ atteso in forte crescita (+80-85% rispetto al 2025) in Europa, che è la regione con il modello di tassazione delle emissioni di CO₂ a maggior impatto sul settore industriale.
L’introduzione del Cbam (carbon border adjustment mechanism) nel 2026 potrà contribuire a ridurre il gap competitivo con i Paesi extra-Ue sui prodotti importati in Europa, ma il suo impatto dipenderà dall’efficacia della sua applicazione.
Focus sui settori energivori: acciaio, chimica, cemento, carta e ceramica
Lo studio ha esaminato i cinque settori industriali a più alta intensità energetica, evidenziando le sfide principali per ognuno da oggi al 2030:
- Acciaio: l’incidenza del costo dell’energia sul costo totale dell’acciaio prodotto è allineata tra Italia e altri Paesi europei, grazie a una maggiore efficienza dei processi produttivi nazionali che bilancia il differenziale di prezzo pagato per l’energia stessa. Rispetto ai Paesi extra-europei esiste un differenziale di competitività di circa il 35% che potrebbe ridursi al 15% con l’entrata in vigore del Cbam. Il principale fattore critico è il costo delle materie prime definite scrap, ossia i rottami, che oggi incide per circa il 70% sul costo della produzione.
- Chimica: l’industria italiana di questo settore è competitiva rispetto all’Europa, ma soffre la concorrenza della Cina che ha un costo energetico inferiore del 45% e non applica una tassa sulle emissioni di CO₂. Guardando al 2030, il divario di prezzo dell’energia si riduce ma rimane significativo attestandosi al 30%, quello di competitività aumenta superando il 20%, per effetto dell’incremento dei costi della CO₂ a carico delle aziende italiane.
- Cemento: è il settore su cui il prezzo della CO₂ incide maggiormente sul costo di produzione (oltre il 15%). Oggi il costo del cemento in Italia è allineato a quello degli altri Paesi Ue, ma soffre un gap di competitività superiore al 20% rispetto ai principali Paesi extra-europei. Oltre il 75% di questo differenziale dipende dal costo della CO₂, mentre circa il 15% è dovuto al costo dell’energia. L’introduzione del Cbam in questo segmento contribuirà a riequilibrare il divario di competitività con i produttori extra-Ue.
- Carta: è uno dei principali settori produttivi in Italia con una forte dipendenza dal gas naturale che rappresenta circa il 20% del costo totale della carta nel nostro Paese, contro circa il 10% negli Stati Uniti. Questo differenziale di costo si traduce in una maggiore pressione sui margini di profitto e sulla capacità di competere sui mercati internazionali, uno scenario che è visto stabile al 2030.
- Ceramica: è un settore fortemente orientato all’export a cui è destinato circa l’80% della produzione totale. Le esportazioni italiane soffrono di un divario competitivo superiore al 50% rispetto ai principali mercati internazionali, come la Cina. Oltre il 60% di questo delta è dovuto al costo dell’energia, con il gas naturale come principale fonte utilizzata nei processi produttivi. Al 2030 la competitività del prodotto esportato migliora lievemente, grazie a un differenziale di costo sull’energia che si riduce del 20% compensando l’aumento dei costi legati alle emissioni di CO₂ che le imprese italiane si trovano a sostenere diversamente dai concorrenti globali.
Un mix di soluzioni tecnologiche per il medio e lungo periodo
La decarbonizzazione di questi settori industriali passa attraverso l’adozione di un mix di soluzioni (soluzioni di efficienza energetica e decarbonizzazione) con un diverso orizzonte temporale, arrivando al 2040 con l’impiego della tecnologia nucleare.
Da diversi anni, si lavora su efficienza energetica – che permette l’ottimizzazione dei processi di carta, ceramica e acciaio, con un impatto più rilevante nel settore dell’acciaio come il preriscaldo del rottame – ed elettrificazione – rilevante per settori come acciaio, ceramica e carta – e all’economia circolare – che è una leva di decarbonizzazione soprattutto per il settore del cemento, grazie all’utilizzo di materiali riciclati e all’ottimizzazione delle risorse. Ad oggi, il focus è legato allo sviluppo di biometano – che rappresenta un’opportunità per i settori della chimica, acciaio, carta e ceramica al 2030 in sostituzione al gas naturale –, e cattura, uso e stoccaggio della CO₂ (Ccus) – che è fondamentale per alcune tipologie di impianti industriali (esempio il cemento) come dimostrato da alcuni progetti in corso in Europa.
In uno scenario al 2040, l’introduzione dell’idrogeno e l’utilizzo del nuovo nucleare diventano ulteriori strumenti di decarbonizzazione nonché di competitività per tutti i settori analizzati.
Ppa, impianti fotovoltaici e idrogeno verde: le iniziative già in corso
Edison Next è attualmente impegnata ad accompagnare le imprese nella transizione energetica e lo fa anche attraverso i power purchase agreement. Ne ha recentemente firmato uno con Acciaierie Venete – leader nella produzione di engineering steel con una capacità produttiva di circa 2 milioni di tonnellate di acciaio all’anno – di durata ventennale che prevede la costruzione di un impianto fotovoltaico di potenza complessiva di 6,7 MWp che produrrà circa 10 GWh/anno di energia elettrica rinnovabile, evitando l’emissione in atmosfera di circa 3.000 tonnellate di CO₂ all’anno. Anche grazie a questo nuovo impianto fotovoltaico, Acciaierie Venete ha la possibilità di accedere al meccanismo incentivante previsto dal decreto energy release, che permette alle imprese energivore di beneficiare per tre anni di un prezzo dell’energia elettrica calmierato rispetto al mercato, a fronte dell’obbligo di restituire tale energia in 20 anni e di realizzare nuova capacità di produzione da fonti rinnovabili pari almeno al doppio di quella anticipata. Edison Next auspica il rinnovo di questa misura per garantire alle imprese prezzi stabili dell’energia.
Edison Next offre anche soluzioni integrate per la decarbonizzazione, tra cui biometano, idrogeno verde e prodotti di efficienza energetica e opera come una Esco (energy service company), offrendo servizi completi: dalla diagnosi energetica, all’implementazione delle soluzioni e alla manutenzione degli impianti, sostenendone finanziariamente investimenti e costi di gestione.
Decarbonizzazione industriale su misura: il caso Michelin
Edison Next ha progettato e messo in esercizio lo scorso dicembre un sistema di impianti per la decarbonizzazione e l’ottimizzazione dei consumi energetici dello stabilimento Michelin Italiana di Cuneo, il più grande sito del gruppo in Europa occidentale per la produzione degli pneumatici, abbattendone le emissioni di CO₂ di circa 18.000 tonnellate l’anno e permettendo allo stabilimento di raggiungere una riduzione dei consumi energetici pari al 30%, anticipando così il target del -37% dei consumi energetici al 2030 (rispetto al 2010). Il nuovo sistema di impianti, che comprende una trigenerazione ad alta efficienza di potenza pari a 23 MWe, un sistema integrato di produzione di energia termica con caldaie a biomassa e a gas metano, e 3 impianti fotovoltaici di potenza superiore a 2 MWp, rappresenta la prima tappa di un percorso di decarbonizzazione congiunto che prevede l’utilizzo di un mix di tecnologie su misura a supporto dell’obiettivo di neutralità carbonica al 2050. Per aumentare nel tempo la quota green, infatti, l’impianto di trigenerazione è pronto per utilizzare biometano al 100% ed è già predisposto per l’uso di idrogeno al 10%.
H2 Factory: ceramica e idrogeno verde con Iris Ceramica Group
Nel settore dell’idrogeno, uno dei progetti più significativi la vede al fianco di Iris Ceramica Group per lo sviluppo di H2 Factory, il nuovo stabilimento produttivo di Castellarano (Re) che rappresenta la prima industria a idrogeno verde di lastre in ceramica. Grazie a un impianto di produzione di idrogeno da 1 MW, alimentato da energia rinnovabile e da acqua piovana, sarà possibile produrre circa 132 tonnellate di idrogeno verde all’anno, con un risparmio di circa 900 tonnellate di CO₂ all’anno. L’impianto è già pensato per consentire un ulteriore raddoppio della produzione di idrogeno verde che permetterà di alimentare un nuovo forno 100% idrogeno verde già allo studio.
Nel 2024 è stata prodotta la prima lastra in ceramica tecnica 4D (oltre alla tridimensionalità della materia, la lastra si caratterizza per la quarta dimensione che è la sostenibilità) al mondo con una miscela di idrogeno verde al 7% e gas naturale grazie a un impianto pilota che comprende due elettrolizzatori dalla potenza complessiva di 120 kWe.
Biometano e Forsu: due impianti attivi, uno in costruzione
Edison Next è anche attiva nella produzione di biometano, con due impianti già in esercizio e uno in fase di costruzione. Gli impianti in esercizio di Caivano (Na) e Zinasco (Pv) producono 4 milioni di metri cubi di biometano all’anno, trattando oltre 60.000 tonnellate di rifiuti organici urbani (Forsu).
In sintesi – Lo Studio Edison Next e Bcg
Lo studio è stato condotto da Edison Next e Boston Consulting Group con l’obiettivo di valutare l’impatto della transizione energetica sulla competitività dei settori industriali ad alta intensità energetica. L’analisi si è concentrata su acciaio, chimica, cemento, carta e ceramica, evidenziando come i prezzi dell’elettricità e del gas in Italia risultino sensibilmente più elevati rispetto a Stati Uniti e media dell’Unione europea, e come il costo della CO₂ sia destinato ad aumentare fino all’85% entro il 2030. Questi fattori contribuiscono a un differenziale di competitività con i Paesi extra-Ue che, a seconda del settore, varia dal 20% al 50%. Le soluzioni individuate passano da interventi di efficienza energetica, elettrificazione, sviluppo del biometano e tecnologie di cattura e stoccaggio della CO₂, fino all’introduzione dell’idrogeno e del nuovo nucleare in ottica 2040. Tra le applicazioni già attuate, lo studio cita il progetto fotovoltaico con Acciaierie Venete, l’impianto di trigenerazione e fotovoltaico per Michelin a Cuneo, l’iniziativa H2 Factory con Iris Ceramica Group e la produzione di biometano da Forsu in due impianti già operativi.
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