A poco più di un anno dalla scadenza, l’incertezza sul futuro spinge le imprese ad accaparrarsi gli incentivi PNRR per il biometano. Secondo il presidente del GSE Paolo Arrigoni l’ultima gara assegnerà un coefficiente incentivabile superiore alla somma di tutte le procedure precedenti. Ma resta l’incognita su tempi e risorse
Il biometano fa boom. Forse, o almeno così sembrano suggerire i dati presentati ieri dal presidente del GSE Paolo Arrigoni, che in occasione dell’assemblea di Gas Intensive ha snocciolato i numeri dell’ultimo bando per l’assegnazione degli incentivi finanziati dal PNRR per lo sviluppo del metano verde da scarti agricoli e rifiuti organici. La graduatoria finale della quinta – e per ora ultima – procedura competitiva è ancora in fase istruttoria, e dovrebbe essere pubblicata il 17 aprile, ma stando alle anticipazioni del presidente GSE sarebbero circa 300 i progetti in ammissione, con una capacità complessiva incentivabile di 123 mila Smc/h. Vale a dire più del totale delle precedenti quattro gare, che hanno assegnato complessivamente 116 mila Smc/h.
A conti fatti, stando ai numeri di Arrigoni, le cinque graduatorie arriverebbero così ad assegnare un coefficiente di poco meno di 240 sui 257 mila Smc/h del totale disponibile. Che equivalgono a 2,1 miliardi di metri cubi l’anno, a un passo dall’obiettivo dei 2,3 da raggiungere entro il 30 giugno 2026. Da misura destinata a fallire, come appariva inevitabile appena poche settimane fa, a misura rivitalizzata in extremis, a poco più di un anno dalla chiusura dei giochi. La travagliata storia del nuovo ciclo di incentivi, tuttavia, suggerisce un approccio prudente.
Come già accaduto nelle precedenti aste, infatti, anche per la quinta non è escluso che alcuni dei progetti ammessi a incentivo possano essere ‘doppioni’, ovvero ricandidature di progetti già presentati nelle procedure precedenti. Stando all’analisi realizzata dalla nostra testata, infatti, almeno il 30% dei progetti incentivati nelle prime quattro gare – in termini di coefficiente – si è presentato a più di una procedura, rinunciando di volta in volta alle precedenti assegnazioni. Prima per approfittare dello scudo ‘anti inflazione’, attivato tra seconda e terza asta, e poi per disinnescare la clausola di ‘decalage’ che prevede riduzioni progressive dell’incentivo per i progetti che non siano entrati in funzione entro un preciso termine dall’ingresso nelle graduatorie (18 mesi per biometano agricolo e 24 per impianti a rifiuti organici).
Non si può escludere, quindi, che tra i 300 progetti della quinta graduatoria ce ne siano alcuni che erano già stati ammessi a incentivo. A suggerirlo, del resto, sono proprio i numeri comunicati da Arrigoni, stando ai quali al 31 marzo 2025 risulterebbe assegnato un coefficiente di 116 mila Smc/h, mentre alla data di apertura della quinta gara, partita il 18 novembre, erano 122 mila. Una differenza di 6 mila Smc/h, pari alla capacità produttiva di circa 12 impianti a biometano agricolo di taglia media.
Ma i numeri comunicati dal presidente del GSE suggeriscono anche altro. E cioè che l’incertezza sul futuro dei sostegni al biometano abbia spinto le imprese ad accaparrarsi l’incentivo finché c’è: nonostante i tempi stringati che l’ultima procedura concederà – poco più di un anno per completare e collaudare gli interventi, partendo da zero – il numero di domande è stato pari a quello di tutte e quattro le precedenti aste, che garantivano agli operatori un margine temporale più ampio. Pur di accedere agli incentivi, insomma, molti hanno quindi scelto di correre il rischio di rimanere con il cerino in mano, visto che il mancato completamento degli interventi entro la deadline del 2026 farà perdere il diritto a una componente fondamentale dell’incentivo, ovvero il contributo in conto capitale.
All’incognita sui tempi si associa quella delle risorse, che secondo Arrigoni al momento non bastano a completare il ciclo. Secondo il presidente GSE, infatti, sono 1,2 i miliardi di euro impegnati sugli 1,7 complessivamente appostati dal PNRR. E visto che con la quinta graduatoria i progetti potrebbero di fatto raddoppiare, a occhio e croce – e al netto delle più che probabili rinunce – per tenere dentro tutti, e puntare così a centrare l’obiettivo concordato con l’Ue, potrebbero servire almeno altri 500 milioni di euro. Risorse che, ha garantito Arrigoni, il MASE starebbe già lavorando per reperire nelle pieghe del PNRR. Ma la strada resta stretta, e potrebbe dover passare anche per una rimodulazione delle risorse da concordare con l’Ue. Che, tra l’altro, ha più volte escluso l’ipotesi di una proroga delle scadenze del piano.
Per questo l’auspicio degli operatori resta quello di un prolungamento del ciclo di incentivi, da agganciare a fonti di finanziamento diverse dal PNRR e con tempistiche meno rigide. Una nuova linea di sostegno che possa fare da paracadute per tutti gli operatori che non dovessero riuscire a portare a termine i propri interventi entro la scadenza del 30 giugno 2026, e che guardi all’obiettivo PNIEC dei 5,7 miliardi di metri cubi di biometano da produrre annualmente a partire dal 2030. Anche in questo caso, però, serve prima sciogliere il nodo delle risorse.
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