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I controlli GPS sui dipendenti sono legali? Maxi multa alle aziende


Chi lavora utilizzando veicoli aziendali può essere sottoposto a speciale monitoraggio tramite tecnologie Gps (Global Positioning System). L’operazione di controllo è molto semplice e il datore di lavoro può scoprire – in ogni momento – quali sono i dati di utilizzo del mezzo da parte del dipendente. Tuttavia, questo non significa aver diritto a travalicare i limiti imposti dalle regole della privacy.

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Ecco perché un’azienda di autotrasporto è stata recentemente sanzionata per aver controllato decine di dipendenti durante lo svolgimento delle mansioni contrattuali, in modo eccessivo e non rispettoso della sfera di riservatezza individuale. L’uso del Gps è così finito nel mirino del Garante per la protezione dei dati personali, tanto che quest’ultimo ha evidenziato differenti violazioni per una multa pari a 50mila euro.

Vediamo in sintesi il provvedimento dell’Authority e chiariamo quando le attività di controllo aziendale si espongono al concreto rischio di pesanti sanzioni amministrative.

Cosa dice il Gdpr a tutela dei lavoratori

Il sistema satellitare di posizionamento Gps utilizza una rete di satelliti in orbita per fornire varie e precise informazioni, ad es. su localizzazione, velocità, uso del carburante, tempi di sosta, stato (acceso o spento) dei veicoli aziendali.

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Utilissimo alla rendicontazione e alla riduzione dei costi, come pure alla miglior programmazione di appuntamenti e itinerari e al miglioramento della sicurezza, nel caso qui affrontato dal Garante lo strumento del Gps, come emerso dalle ispezioni del Nucleo tutela privacy della Gdf, è stato usato in violazione del Gdpr – ossia il regolamento UE 2016/679 e del Codice in materia di protezione dei dati personali.

In particolare il Gdpr, entrato in vigore nel maggio 2018, dispone che:

  • i dati di geolocalizzazione sono inclusi tra i dati personali e vanno trattati con criteri atti ad assicurarne la protezione, la non dispersione e la non divulgazione a terzi;
  • le aziende devono dare un’informativa chiara e scritta ai dipendenti circa le modalità del trattamento dei dati mediante la geolocalizzazione.

Tuttavia tali obblighi erano stati violati dal datore di lavoro.

Il caso: multa da 50mila euro all’azienda

In particolare, quest’ultimo non ha rispettato le misure di garanzia previste dal provvedimento di autorizzazione all’uso del Gps, previsto all’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, in tema di trattamento dei dati personali, emesso pochi anni prima dall’Ispettorato competente. Nel dettaglio, questo provvedimento operava e opera a presidio della minimizzazione, anonimizzazione e limitazione della conservazione dei dati, in relazione agli scopi di sicurezza e organizzazione aziendale. Ma, come indicato nell’ordinanza del Garante, i dati raccolti erano stati conservati per più di 5 mesi con violazione dei limiti contenuti nel Gdpr.

Quanto basta, insomma, per una palese violazione del principio di liceità del trattamento tutelato dalle norme interne e comunitarie e la conseguente adozione di un’ordinanza ingiunzione con l’applicazione di una multa pari a 50mila euro.

Il Garante Privacy ha ritenuto illegale l’uso delle informazioni personali fatto dall’azienda di autotrasporti. Ha, inoltre, imposto a quest’ultima di dare una dettagliata informativa ai dipendenti e di adeguare i trattamenti effettuati con il sistema Gps alle garanzie di cui al provvedimento di autorizzazione dell’Ispettorato.

Requisiti legali per il tracciamento Gps

Questa vicenda ci porta a ricordare che, in base al Gdpr e alle regole interne in materia di lavoro, il tracciamento Gps dei dipendenti è lecito soltanto se:​

  • ricorrono finalità legittime, ossia l’uso del Gps deve essere giustificato da esigenze organizzative, produttive, di sicurezza sul lavoro o per la tutela del patrimonio aziendale;
  • i dipendenti sono informati in modo chiaro, dettagliato e trasparente sull’uso del Gps, comprese le finalità del tracciamento, le modalità di raccolta dei dati e i tempi di conservazione;
  • i dati raccolti devono essere pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità dichiarate dalla singola azienda;
  • l’installazione di strumenti di controllo a distanza come i dispositivi Gps segue l’accordo sindacale o autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro, così come previsto dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori (dopo la modifica inserita con il Jobs Act) e così come ribadito dalla circolare n. 2/2016 dell’Ispettorato.

In sintesi, il tracciamento Gps dei dipendenti autotrasportatori è ammesso dalla legge nazionale, a patto che sia effettuato nel rispetto delle normative sulla privacy e dei diritti dei lavoratori. È essenziale – quindi – che le aziende adottino un approccio conforme alle disposizioni vigenti per evitare reclami come quello del caso di cui sopra, e le conseguenti sanzioni. Al contempo, rispettare i requisiti legali assicurerà un clima di fiducia con i propri dipendenti.

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Che cosa cambia

Il trattamento dei dati personali compiuto dall’aziende di autotrasporti è risultato illecito, perché in violazione sia di norme del Gdpr, che di norme del Codice in materia di protezione dei dati personali.

Il recente provvedimento del Garante deve o dovrebbe stimolare tutte le aziende, che si avvalgono o intendono avvalersi di strumenti Gps per il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, a sfruttare le tecnologie satellitari soltanto per esigenze organizzative e produttive, sicurezza del lavoro e tutela del patrimonio aziendale – così come previsto dall’art. 4 dello Statuto dei lavoratori.

Non a caso già nel 2018, con il provvedimento n. 232 dell’Authority, è stato stabilito che il tracciamento deve essere disabilitato nelle pause lavorative e che la posizione geografica deve essere oscurata dopo un determinato periodo di inattività.

Infine, in tema di trattamento dei dati personali, tutti i datori di lavoro debbono ricordare che quanto conservato in azienda dovrà includere sempre i dati su:

  • il responsabile del trattamento dati;
  • i tempi di conservazione dei dati;
  • le persone autorizzate ad accedere ai dati e le operazioni che possono eseguire.

Non rispettare questi obblighi significherà esporsi ai rischi di reclamo da parte di qualche dipendente, con conseguente applicazione di una sanzione amministrativa.





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