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Ue, se gli investimenti nella difesa sostituiscono il Green New Deal


Nel 2020, i legislatori del Parlamento europeo hanno deciso di approvare una legge per l’attuazione del Green New Deal. Si tratta di un pacchetto di 150 direttive e leggi di ampia portata che consentono all’Ue di diventare neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050; l’UE ospita 449 milioni di persone ed è responsabile del 6% delle emissioni mondiali.

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I sostenitori prevedono che queste leggi consentano all’Unione europea di assumere un ruolo guida in materia di ambiente, aumentino la trasparenza sulle modalità operative delle aziende e permettano agli investitori di confrontare la sostenibilità delle imprese a parità di condizioni.

Molte aziende europee Fortune 500 sostengono le iniziative delineate nel Green New Deal. Iberdrola, un’azienda energetica globale, punta ad avere emissioni nette pari a zero entro il 2040 e Volkswagen, il terzo produttore di veicoli elettrici a livello globale, punta a essere neutrale dal punto di vista delle emissioni di carbonio entro il 2050.

Allora perché si sta facendo marcia indietro sul Green New Deal?

La spinta del presidente Trump verso l’efficienza ha portato alcuni politici a chiedere che il governo dell’Ue sia a sua volta più snello e più efficiente.

Ma soprattutto, le politiche americane stanno rendendo nervosa l’Ue per quanto riguarda la competitività. Se i governi dei paesi terzi non esigono che le imprese operino in modo più sostenibile, anzi, lo mettono in secondo piano, l’economia dell’Ue resterà indietro. Ad esempio, l’Ue dal 2019 ha approvato 13.000 leggi sulla sostenibilità, rispetto a 3.500 leggi e 2.000 risoluzioni approvate dagli Stati Uniti a livello federale. I principali imprenditori sono preoccupati per le pratiche burocratiche supplementari necessarie per conformarsi alla nuova legislazione.

Con l’imminente impatto dei dazi di Trump, le pressioni sull’economia europea stanno aumentando le richieste di deregolamentazione e in Europa sono emerse improbabili alleanze tra l’estrema destra, i conservatori e gli imprenditori, che si chiedono se il Green New Deal non debba essere annacquato.

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Alcune aziende hanno già agito. Equinor, società energetica nonché il più grande produttore di petrolio sulla piattaforma continentale norvegese, si è impegnata a diventare a zero emissioni entro il 2050 investendo nelle energie rinnovabili. Tuttavia, a febbraio, la società ha annunciato l’intenzione di dimezzare nei prossimi due anni gli investimenti nelle rinnovabili da 10 a 5 miliardi di dollari e di aumentare la produzione di petrolio e gas del 10%.

In Francia, con il potenziale divieto per Marine Le Pen di partecipare alle elezioni presidenziali, potrebbe essere arrivato il momento di mettersi in luce per Jordan Bardella, considerato da alcuni il suo erede naturale. A gennaio, Bardella, presidente dei Patrioti per l’Europa, partito di estrema destra del Parlamento europeo, ha chiesto che l’accordo fosse eliminato, affermando che si trattava di “un vincolo alla crescita economica” e di una minaccia per i lavoratori francesi.

Anche se l’impatto sulle imprese sarà enorme, molte aziende stanno esortando l’Ue a mantenere gli impegni presi. Alla fine dell’anno scorso, 60 aziende europee e 180 organizzazioni della società civile, tra cui Ikea e Nestlé, hanno rilasciato una dichiarazione congiunta per esortare l’Ue a mantenere le sue convinzioni ecologiche.

Il Wwf ha citato diversi modi in cui l’Ue ha annullato i propri impegni. A ottobre, il Consiglio europeo ha proposto di ritardare di 12 mesi l’applicazione del regolamento Ue sui prodotti che non implichino deforestazioni e ha bloccato un’imminente proposta di legge sui sistemi alimentari sostenibili.

In aprile, il Consiglio dell’Ue ha votato per ritardare due importanti atti legislativi, la direttiva sulla rendicontazione della sostenibilità delle imprese (Csrd) e la direttiva sulla due diligence della sostenibilità delle imprese (Csdd).

Entrambe applicano restrizioni e burocrazia significative alle imprese europee, perché obbligano le aziende a pubblicare dati sulla sostenibilità, dalle emissioni all’uso dell’acqua, dalle fughe di sostanze chimiche agli effetti del cambiamento climatico sulle condizioni di lavoro del personale. Lo stesso varrebbe per i loro fornitori. Il ritardo sarà di due anni.

Allo stesso modo, la legge europea sulla privacy Gdpr (General Data Protection Regulation) sembra essere la prossima a cadere sotto la scure europea. La formidabile legge, introdotta sette anni fa, obbliga le aziende che competono in Europa a gestire i dati dei clienti. Ora si teme che anche una parte di questo quadro normativo sia destinata a essere tagliata. Politico definisce queste operazioni “un falò della burocrazia”.

È anche vero che la maggior parte dei governi dell’Ue sta abbandonando le offensive ambientali per dedicarsi piuttosto al riarmo. Con l’invito ad aumentare rapidamente i bilanci della difesa, a marzo l’Ue ha presentato una spesa militare europea complessiva di 800 miliardi di euro (866 miliardi di dollari).

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L’aumento dei bilanci della difesa dell’Ue ha un lato positivo dal punto di vista economico

I paesi europei non hanno ancora preso una decisione definitiva sulla presenza o meno di truppe di terra europee in Ucraina, ma sono in arrivo ulteriori spese militari. Il nuovo governo tedesco ha deciso che le spese militari non rientrano nei limiti costituzionali della spesa per il debito.

Come afferma Le Monde, l’impatto più significativo sarà probabilmente sulle modalità di spesa dei paesi dell’Ue. Molti fondi Covid sono stati sprecati a causa di inefficienze. Le forze armate europee utilizzano molti tipi diversi di navi da guerra e aerei, rendendo difficili le operazioni e gli acquisti congiunti. Il recente Libro bianco dell’Ue ha delineato gran parte di questo pensiero sulla difesa.

Un’evoluzione verso il riarmo non è necessariamente una cattiva notizia per l’economia. Se l’Europa mobilita, come previsto, tra i 500 e gli 800 miliardi di euro entro il 2030, alcuni ritengono che possa aumentare il Pil di 1,5 punti. Tuttavia, l’impatto sulle emissioni di carbonio dell’Ue potrebbe essere altrettanto radicale.

L’articolo originale è stato pubblicato su Fortune.com



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