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L’Europa deve continuare a reinventarsi


I listini europei beneficiano di un momentum favorevole. Ma l’incertezza resta alta e per una ripresa solida saranno determinanti investimenti strategici, stabilità geopolitica e riforme strutturali.

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Dopo anni di rincorsa agli Stati Uniti e alle performance stellari delle Magnifiche Sette, l’Europa sta tornando a farsi valere. Nei primi due mesi del 2025, lo Stoxx 600 è salito del 10,37%, superando di gran lunga l’S&P 500, fermo all’1,24 per cento. Ma nonostante il buon avvio, l’incertezza resta alta e i prossimi mesi saranno cruciali. Una cosa è certa: per una ripresa più duratura l’Europa deve continuare a reinventarsi. Come già avvenuto durante il Covid, la crisi geopolitica attuale può essere un’opportunità. E alcuni segnali indicano che il cambiamento è in atto. La Germania si prepara ad abbandonare l’austerità con regole fiscali più flessibili e nuove misure di stimolo economico. Parallelamente, la Commissione europea ha lanciato un ambizioso programma di riarmo da 800 miliardi, da realizzare in quattro anni, e mira a giocare un ruolo centrale nelle delicate trattative per la pace in Ucraina. Inoltre, valuta misure tariffarie in risposta ai dazi dell’amministrazione Trump. Sullo sfondo, i progressi verso l’unione del mercato dei capitali e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale procedono con lentezza, ma restano indispensabili per la competitività. “I margini in Europa saranno sotto pressione nel primo semestre dell’anno, ma i venti contrari dovrebbero attenuarsi”, avverte Paul Doyle, head of European Equities di Columbia Threadneedle Investments

Tratto dalla rivista FundsPeople n. 92 (marzo 2025)

Più Europa nei portafogli

In parte, il nuovo entusiasmo è legato a una rotazione degli asset globali verso l’Europa, che risulta attraente per le valutazioni più accessibili rispetto alle mega cap USA, la cui corsa sembra perdere slancio. La fiducia nel Vecchio continente si riflette anche nel posizionamento dei portafogli: secondo il sondaggio di BofA di febbraio 2025, il 76% dei gestori prevede ulteriori rialzi azionari europei nei prossimi 12 mesi, mentre sovrappesa i titoli ciclici, del settore finanziario e della difesa, quest’ultima tra i comparti più interessanti secondo ActivTrades. Tuttavia, per un vero rilancio serve qualcosa di più. Sono tre i fattori chiave che potrebbero supportare le performance future per i gestori internazionali e gli esperti dell’industria: una ripresa economica sostenuta da investimenti strategici in difesa, intelligenza artificiale e green economy; un accordo di pace in Ucraina; meno burocrazia e un mercato interno più efficiente. 

Investimenti in settori chiave 

John Surplice, head of EMEA Equities e UK & European Equities fund manager di Invesco, vede un momento favorevole per investire in Europa. Tuttavia, avverte che per un cambio di passo il solo sostegno all’economia dell’allentamento dei tassi della BCE non basterà. “La situazione in Europa era già complessa e si è ulteriormente aggravata con l’invasione dell’Ucraina tre anni fa. Il conflitto ha innescato un’impennata dell’inflazione senza precedenti e un aumento dei costi energetici con forti ripercussioni sulle imprese del continente”, spiega. I picchi di inflazione dell’estate del 2022 sono ormai superati, ma l’Europa fatica a riprendersi. In particolare, la sua prima economia, la Germania, è in recessione da due anni. Da Berlino arriva un segnale di cambiamento: una riforma per superare il “freno al debito”, escludendo dal calcolo fiscale la spesa per la difesa oltre l’1% del PIL. In più, il governo tedesco ha annunciato un piano di investimenti in infrastrutture da 500 miliardi di euro in dieci anni. “È la più grande svolta nella politica fiscale della Germania degli ultimi decenni”, evidenzia Felipe Villarroel, portfolio manager di TwentyFour AM (boutique di Vontobel). 

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Accordo di pace in Ucraina

Nonostante le molte incognite su un cessate il fuoco tra Ucraina e Russia, i nuovi massimi degli indici europei sono spiegati in parte dall’ottimismo per le prospettive di pace. “Sono considerate un catalizzatore positivo per l’euro e le azioni europee, soprattutto se il conseguente alleggerimento delle sanzioni ridurrà i costi delle commodity”, spiega Nadège Dufossé, Global head of Multi-Asset di Candriam. Una risoluzione del conflitto potrebbe stabilizzare la regione, rafforzare il commercio globale e migliorare la fiducia degli investitori. “Al contrario, un fallimento potrebbe sostenere le pressioni inflazionistiche e i premi per il rischio geopolitico”, osserva. Nel caso di un accordo, i leader europei dovrebbero affrontare le sfide della ricostruzione post-bellica e del possibile ruolo di peacekeeping. Tuttavia, la vera fonte di incertezza è la crescente distanza tra l’amministrazione statunitense e i governi europei, che ne limitano l’influenza nei negoziati. Ma è evidente che la pace in Ucraina avrebbe un impatto positivo offrendo, oltre alla riduzione dei prezzi dell’energia, il beneficio di stimolare la domanda nei settori connessi alla ricostruzione del Paese. Secondo uno studio congiunto di Banca Mondiale, ONU, UE e governo di Kiev, il costo stimato per la ricostruzione dell’Ucraina nel prossimo decennio supera i 500 miliardi di euro

Verso un mercato unico 

Una battuta ricorrente nel dibattito politico ed economico è: “Gli Stati Uniti innovano, l’Europa regola”. Il peso della burocrazia e degli adempimenti normativi, anche in settori chiave come l’intelligenza artificiale e la sostenibilità, è spesso indicato come una delle cause del divario di crescita con gli USA, accentuato negli ultimi vent’anni. Anche i mercati finanziari potrebbero svolgere un ruolo più incisivo a sostegno dell’economia, ma la frammentazione normativa continua a rappresentare un freno, come sottolineano gli operatori del settore: “L’UE deve valorizzare al massimo i suoi mercati dei capitali e promuovere un sistema di finanziamento più dinamico per rafforzare competitività e sviluppo”, afferma la FESE, la Federazione delle Borse europee. In questa direzione, la Commissione europea sta portando avanti l’Unione del Risparmio e degli Investimenti (SIU), un progetto che punta a creare un mercato unico più integrato, riducendo le barriere normative e operative. Anche l’industria dei fondi potrebbe beneficiarne, grazie a regole che semplificano la distribuzione transfrontaliera. “La frammentazione del mercato e i costi regolatori restano un ostacolo. Le società di gestione attive in più Paesi devono affrontare barriere e oneri aggiuntivi, dovendo replicare risorse in ogni Stato”, si legge in un documento sulla SIU visionato da FundsPeople, in cui si evidenzia uno dei molteplici miglioramenti dei mercati dei capitali europei a vantaggio di economia e cittadini. 

Un invito all’azione 

La questione è: il rally europeo di questi mesi è solo temporaneo o l’inizio di una ripresa duratura? In definitiva, perché l’Europa torni protagonista, servono azioni concrete. Il “do something” di Mario Draghi al Parlamento europeo è risuonato come un nuovo appello a uno sforzo congiunto per rafforzare il progetto comunitario, in un intervento in cui l’ex governatore della BCE ha sottolineato come le barriere interne pesino molto di più dei dazi minacciati da Trump. Le attuali trasformazioni geopolitiche potrebbero rappresentare un’opportunità di svolta. Solo il tempo dirà se sarà stata colta o sprecata.

Nota: l’articolo è stato chiuso il 14 marzo 2025.



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