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Il buco dei mancati versamenti di contributi da parte delle aziende ci costerà 6,6 miliardi


Nei prossimi anni lo Stato dovrà trovare 6,6 miliardi di euro attraverso la fiscalità generale per coprire le ricadute sull’Inps dello stralcio dei crediti contributivi dovuti fino al 2015. Lo scrive il Consiglio di Indirizza e Vigilanza (Civ) dell’Inps che ha diffuso una delibera sul riaccertamento dei residui attivi e passivi dell’Istituto di previdenza. Si tratta del peso sulle pensioni dei dipendenti dei contributi dovuti ma non pagati dalle aziende e in seguito stralciati attraverso tre provvedimenti introdotti tra il 2018 e il 2022. Il primo, da 400 milioni di euro, del governo Conte I, il secondo, da 5,4 miliardi, deciso dal governo Draghi, il terzo (9,9 miliardi) del governo Meloni.

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Poiché c’è per i dipendenti l’automaticità delle prestazioni questi contributi, anche se non pagati dal datore di lavoro e poi rottamati, fanno parte del loro montante contributivo. “E’ necessario – spiega il Civ – coprire gli oneri aggiuntivi che l’Istituto dovrà sostenere nei prossimi anni per effetto di questo stralcio, dovendo comunque garantire le prestazioni previdenziali ai lavoratori anche a fronte di un mancato versamento della contribuzione. In particolare occorrerà tenerne conto nel momento in cui verranno determinati gli importi dei trasferimenti dal bilancio dello Stato all’Inps nelle prossime annualità”.

I provvedimenti di “stralcio” delle cartelle contributive introdotti con diverse leggi fino al 2015 comporteranno la cancellazione di 16,4 miliardi di euro dal bilancio Inps, che “comporterà variazioni ed eliminazioni rilevanti che incideranno negativamente, nella misura di 13,7 miliardi di euro, sul Rendiconto generale 2024″. Questo non ha impatto sul patrimonio perché viene coperto dal Fondo di Svalutazione dei Crediti. È quanto emerge dalla la delibera sul riaccertamento dei residui attivi a passivi al 31 dicembre 2023 approvata oggi dal Consiglio di Indirizza e Vigilanza (Civ) dell’Inps che prevede anche l’eliminazione di residui passivi per 2,7 miliardi.

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Il Civ ricorda che per i contributi degli autonomi non c’è un peso reale per l’Istituto nel lungo periodo, dato che per loro non c’è automaticità delle prestazioni e i contributi non versati non danno luogo a prestazioni pensionistiche. Per i dipendenti invece c’è l’automaticità delle prestazioni e se l’azienda non versa i contributi pur essendo obbligata la prestazione non viene meno. Il Civ ribadisce quindi che “a causa dello “stralcio” ulteriori oneri, pari a 6,6 miliardi, ricadranno in futuro sulle Gestioni dei lavoratori dipendenti, nelle quali vige l’automaticità delle prestazioni”, e pertanto sottolinea “l’esigenza di garantire specifici interventi compensativi nei confronti dell’Istituto a carico della fiscalità generale”.

I segretari confederali della Cgil Lara Ghiglione e Christian Ferrari commentano sottolineando che “pur essendo contabilmente coperti dal Fondo di svalutazione crediti questi importi corrispondono a risorse che sarebbero dovute entrare nella disponibilità della previdenza pubblica e che invece vengono definitivamente cancellate. È inaccettabile continuare a giustificare la rinuncia a miliardi di euro in nome di sanatorie generalizzate, che penalizzano chi ha sempre versato regolarmente contributi e imposte. Bisogna cambiare direzione”.

Il presidente dei senatori del Pd Francesco Boccia preannuncia un’interrogazione ai ministri dell’Economia e del Lavoro perché “il governo chiarisca e spieghi cosa intende fare” a fronte dell’esito “delle politiche condonistiche della destra care a Salvini”.



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